Abdullah - Jeff Shirilla (vocals)

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Gruppo:Abdullah

Una delle più fresche realtà dell’odierna scena heavy rock statunitense ma non solo, gli Abdullah sono stati in grado di evolversi dal doom ossessivo dei primi demo fino alle ultime personalissime soluzioni affrontate nel loro ultimo demo recensito dal sottoscritto su queste pagine. Una buona occasione questa per scambiare quattro chiacchiere con il leader di questa formazione, il singer Jeff Shirilla riguardo la propria band dalla quale è lecito aspettarsi ancora grandi cose dall’imminente futuro.

Ciao Jeff e per prima cosa grazie molte di questa intervista! Direi di cominciare da una breve storia della band…
Dunque, gli Abdullah sono in giro circa dal 1998; abbiamo cominciato come una sludge-core band prima di trasformarci nel doom metal che caratterizza il primo CD demo, Snake Lore, e la prima omonima uscita ufficiale del 2000. Nello stesso anno abbiamo firmato per Meteor City e il disco è stato distribuito anche in Europa grazie a Century Media. Abbiamo pubblicato due dischi in questo modo, il già citato debutto, il quale era fortemente influenzato dal doom, e Graveyard Poetry del 2002, dal feeling più NWOBHM. Da allora il nostro sound è cambiato di nuovo, quello che suoniamo oggi è più veloce, più frenetico, uno stile molto più personale che abbiamo ribattezzato come "high energy death rock."

Con 3 demo, 1 EP e 2 album alle spalle, come pensi si sia evoluto il vostro sound fino alla sua odierna manifestazione?
Come ho detto, quando abbiamo cominciato eravamo una sludge-core band, con una line up completamente differente, anche se da subito ho sentito i limiti che suonare una tale musica ci poteva dare e ho cominciato ad apportare più melodia accompagnata da tempi più lenti e un suono più caldo. Poi Alan Seibert è entrato nella band (l’attuale chitarrista, ndr.) e il suono ha subito quell’orientamento più marcatamente metal dovuto al suo modo di suonare la chitarra; a quel tempo eravamo molto all’interno della scena doom e sentivamo parecchio l’influenza di band quali Paradise Lost, The Obsessed e, ovviamente, Black Sabbath, era perciò una cosa naturale che questo sound influenzasse quello della nostra band. Ad ogni modo, dopo l’uscita del primo album abbiamo capito che ci stavamo in parte limitando col suonare solamente un certo stile, quello doom; così abbiamo cominciato ad apportare maggiori influenze nella nostra musica, in particolare quelle anni ’80 di bands quali Iron Maiden o Judas Priest, ma anche dal death metal o dal punk, e il risultato è stato Graveyard Poetry, un disco decisamente diverso dal suo predecessore. Al momento vogliamo provare a spingerci ancora oltre e allontanarci dalle tinte epiche e grandiose che hanno contraddistinto parte del nostro sound fino ad oggi. Come musicista, trovo sia molto più divertente cercare di sperimentare e cambiare il più possibile invece che continuare a suonare la stessa musica per anni. Questo potrà funzionare per bands come Pantera o Slayer, ma loro in questo modo ci vivono, noi no.

L’ultimo Graveyard Poetry ha ricevuto commenti molto positivi pressoché ovunque, in particolare tra gli appassionati della scena doom/stoner, come ti spieghi un tale successo?
È stato accolto molto bene dalla critica, ma so di molta gente tra i più accaniti sostenitori dello stoner che hanno considerato questo disco “troppo metal”. Per quelli che la pensano così credo che il motivo principale sia che noi abbiamo un nostro sound, e non ci schieriamo tra le innumerevoli formazioni clone di Kyuss o Stooges che hanno rovinato l’intera scena, una volta molto fertile e creativa.

Come già hai evidenziato, il nuovo corso degli Abdullah deve molto alla NWOBHM (basta pensare ad una canzone quale “Deprogrammed”), un influenza molto originale per una band di solito etichettata come doom/stoner, non trovi?
Sono d’accordo, decisamente. Come dicevo poco prima, io sono stato svezzato con gli Iron Maiden e Alan si è fatto le ossa suonando Judas Priest, Scorpions, Dio, etc, questa evoluzione si può quindi considerare naturale. Personalmente sono molto debitore anche verso la scena punk e ascolto anche molto altro rock undergorund; penso che queste influenze si potranno sentire maggiormente nel nuovo materiale.

Quali sono le tue maggiori fonti di ispirazione, soprattutto per i testi e qual è il significato dell’artwork di stampo pagano (bellissimo) che possiamo trovare sul primo album?
L’ispirazione per quel che riguarda il passato proveniva da mie personali e spirituali credenze, ma non erano presentate come se ogni ascoltatore potesse interpretare le canzoni nel modo in cui volessi io. Ho sempre voluto che ascoltando gli Abdullah la gente potesse arrivare ad una propria e personale esperienza. Non sono una di quelle persone che ama mettere tutto nero su bianco, credo che una delle bellezze dell’arte stia nell’ambiguità che le appartiene. Per quel che riguarda l’artwork a cui fai riferimento, pensavo che si accompagnasse bene con l’atmosfera cupa del disco, al suo feeling arcaico e che potesse contribuire alla giusta resa dal punto di vista estetico.

Possiamo dire che ci sia un messaggio dietro la vostra musica e i vostri testi?
Solo dire alla gente di cercare di esplorare il più possibile e di trarre vantaggio dalla propria libertà. Siamo talmente impantanati col nostro comportamento in questo mondo che finiamo per comportarci come ci viene detto di fare da altri. La gente è troppo coinvolta dai media e non può fare a meno di ciò che questi dicono. Ascoltate la vostra voce interiore, siate fedeli a voi stessi.

Spesso generi musicali come il doom o lo stoner vengono associati all’uso di sostanze stupefacenti, specie per quel che riguarda le visioni e ispirazioni che tali sostanze possono dare a livello musicale; cosa ne pensi? Condividi questo modo di vedere la cosa e puoi rapportarla alle tue personali esperienze?
Personalmente bevo molto, ma le droghe mi hanno sempre reso paranoico, per questo sto molto attento a non sperimentare mai qualcosa di troppo forte. Penso che certe sostanze possano aprirti la mente e contribuire a certe visioni se usate nel modo giusto… Quindi, se per certe persone funziona così, ok. C’è comunque una bella distinzione tra questo tipo di uso e la dipendenza verso le droghe, ed è poi la distinzione che sta alla base della questione e dove comincia il problema.

Dal tuo punto di vista, considerato quello che avete fatto fino ad oggi, considereresti gli Abdullah più una doom band o una stoner band? Come vedi l’uso di tali termini?
In passato credo potessimo essere considerati una doom band, mai una stoner però. Oggi giorno ci vedo più come una heavy rock band; la gente è troppo legata a certe etichette, la musica heavy non dovrebbe avere tali confini e barriere che la suddividono.

Quali altre formazioni vicine al vostro sound apprezzi della più recente scena musicale?
Principalmente ascolto molta roba anni ’80, dal punk all’hardcore; mi piace anche molto musica che oggi sarebbe definita “uncool” secondo i moderni standard, tipo Stooges o New York Dolls e la scena anni ’70. Mi piace la musica che sia sincera e genuina, cosa che sembra mancare alla scena odierna. Personalmente vedo troppe band fare musica per cercare di adattarsi a certi canoni e per rientrare in un preciso genere, mancando completamente l’obiettivo. Credo si sia oltrepassato il punto di non ritorno da questo punto di vista.

Parlami un po’ dei vostri concerti, come vanno di solito, qual è la risposta del pubblico e quali brani solitamente proponete on stage?
Solitamente c’è un po’ di dispiacere da parte del pubblico per il fatto che dal vivo proponiamo solo i brani più veloci, tralasciando tutta la roba vecchia e più lenta. Abbiamo costruito un forte seguito nella nostra area, in particolare quando ci capita di suonare da soli; ma molte volte, quando suoniamo lontano dalla nostra zona la gente si aspetta di sentire il vecchio materiale e quindi l’accoglienza non è mai troppo calorosa. Non voglio incolpare nessuno per questo, semplicemente ciò mostra come certa gente abbia ancora la mente chiusa in questo ambito. Tra le canzoni che suoniamo più spesso ci sono “Black Helicopters”, “Shining Sun”, “Secret Teachings”, “Path to Enlightenment” e “They, the Tyrants”. Attualmente suoniamo molto materiale nuovo, non ancora pubblicato, questo mostra come al momento abbiamo molto bisogno di uscire con un album nuovo così che la gente che vuole sentire il vecchio doom style della band può smetterla di lamentarsi!

Dopo qualche cambio di formazione, possiamo dire che l’attuale line up sia quella definitiva per gli Abdullah?
L’attuale line up è diversa da quella di un anno fa, quella di Graveyard Poetry. Il batterista Jim Simonian è stato sostituito da Jamie Waters dei Boulder e abbiamo aggiunto un secondo chitarrista, Aaron Dallison dei Keelhaul. Questo può essere un altro motivo per cui il nostro sound sia diventato più aggressivo ora; ho sempre apprezzato tutte le incarnazioni della band nel passato, ma non sono stato mai così contento come lo sono ora!

Ok, è tutto! Grazie ancora del tuo tempo, e se vuoi aggiungere qualcosa, fai pure!
Voglio solo ringraziarti per l’intervista e scusa se ci ho messo così tanto a risponderti! Buona fortuna per la tua ‘zine!

Intervista a cura di Marco 'Mark' Negonda

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