Una conferenza stampa affollata, disordinata e afflitta dal frastuono prodotto sul palco, posto a circa un centinaio di metri da noi, è l’ambiente in cui gli americani Symphony X tentano di presentarci la loro ultima fatica, “Paradise Lost”. I ragazzi sembrano soddisfatti, dell’album, della loro performance al festival appena conclusasi, e del festival stesso, come ci conferma proprio il cantante della band del New Jersey, Russel Allen.
(Russel Allen) E’ da un po’ che non venivamo, è un bell’evento, e poi oggi siamo piuttosto fortunati che faccia bel tempo, visto che ieri invece non è che fosse granché, anzi. In effetti eravamo un po’ preoccupati delle condizioni meteorologiche, però fortunatamente gli dei… “del metallo” (lett. “Gods Of metal”… e risate grasse N.d.R.) sono stati clementi con noi e ci hanno regalato una bella giornata!
Negli States vengono organizzate manifestazioni analoghe?
(Russel Allen) In effetti noi, negli Stati Uniti, non abbiamo molti eventi del genere. Invece è bello girare diversi Paesi del mondo presenziando a questi festival, perché è vero che in ogni Paese trovi sempre tanta passione per la musica, ma è manifestata in maniere sempre diversa. Soprattutto il sud dell'Italia e il sud dell’Europa, come la Grecia, ti danno tutta un’altra atmosfera perché il pubblico è molto più partecipe rispetto ai grandi festival del Nord.
Veniamo dunque alla vostra ultima fatica, “Paradise Lost”: cosa potete dirci a riguardo? Il processo di scrittura e registrazione è stato lo stesso degli altri album?
(Micheal Pinnella) Direi che ha alcune differenze rispetto ai precedenti.
Quando scriviamo ci troviamo e mettiamo insieme le idee. E in questo caso eravamo orientati verso qualcosa di un po’ più heavy rispetto ai precedenti. Anche la produzione penso sia ottima.
Il materiale su cui abbiamo iniziato a lavorare era piuttosto pesante, e aveva un certo stile abbastanza ben definito, nel quale noi ci siamo trovati subito piuttosto a nostro agio. Non è comunque venuto tutto subito come lo volevamo, perché è vero che avevamo un’idea generale di cosa volevamo già all’inizio, come ho detto un qualcosa di più pesante rispetto agli album precedenti, ma non sapevamo in effetti come sarebbe venuto fuori! Siamo stati anche un po’ preoccupati, ad un certo punto, perché ci è voluto più tempo di quanto pensassimo.
Devo ammettere che é stato più difficile fare canzoni su temi generali, sentimenti ed emozioni diversi, piuttosto che un album incentrato su un tema letterario come “The Odissey”, dove infatti scrivere i testi è stato molto più semplice.
(Russel Allen) Yeah... E’ stato tutto piuttosto difficile, ed è stato un sollievo e una grande soddisfazione quando siamo riusciti a mettere le cose insieme in modo organico e a farle suonare come un vero album. E’ stato davvero gratificante quando abbiamo attraversato il guado e abbiamo capito che finalmente avevamo delle canzoni e non dei pezzi di musica uno dietro l’altro senza un filo comune che li potesse tenere insieme. E quando abbiamo finito ci siamo chiesti: “Ma… dov’è la canzone di merda?” - non c’era una canzone che non ci piacesse! Cosa che di solito capita quasi sempre: ci sono sempre un paio di canzoni che non vuoi registrare.
Come avete scelto le canzoni che avete suonato quest’oggi – che in pratica si può dire abbiano costituito un’anteprima assoluta del vostro nuovo album…
(Russel Allen) Abbiamo fatto una scelta molto pragmatica: abbiamo scelto i pezzi che fossero per noi più semplici da riprodurre dal vivo. Abbiamo finito la realizzazione del disco da troppo poco tempo, e abbiamo bisogno di provare bene le canzoni, in modo che on-stage funzionino come dovrebbero. Inoltre abbiamo fatto una scelta anche in riferimento al fatto che noi non siamo ancora in tour, sapevamo che saremmo venuti qui, in un festival metal, per voi, per il nostro pubblico, e allora abbiamo cercato di assortire una scaletta che mettesse insieme pezzi vecchi e pezzi più nuovi, pezzi veloci e pezzi più progressivi, in modo da cercare di venire incontro a tutte le esigenze.
Russel, pensi che il tuo modo di cantare sia cambiato, sotto il punto di vista delle interpretazioni delle sezioni più melodiche, dopo l’esperienza con il tuo album solista e il progetto con Jorn Lande (due album realizzati, “The Battle” nel 2005 e “The Revenge” nel 2007. N.d.R. )? Te lo chiedo perché, a parte l’aspetto aggressivo che abbonda nel disco, ho notato in canzoni tipo “Paradise Lost”, soprattutto nella strofa, un diverso modo di interpretare le parti più melodiche delle canzoni..
(Russel Allen) In realtà io cerco sempre di imparare qualcosa da qualunque cosa io faccia.
Più che dal mio album solista, che alla fine è poco più che un divertissement, ho avuto modo di imparare diverse cose lavorando con Jorn Lande, un altro cantante che indicativamente ha uno stile simile al mio. Ho imparato molto soprattutto sulla registrazione in studio, adesso per esempio uso un altro microfono, altre tecniche. E’ una parte del processo di crescita, non è una scelta è proprio un fatto di crescita personale, impari nuove cose e automaticamente le usi. Ho così avuto modo di provare nuove soluzioni, anche sotto l’aspetto delle tecniche di registrazione; ad esempio attraverso l’uso di differenti microfoni per una specifica parte anziché un’altra.
E’ sempre molto istruttivo lavorare con grandi professionisti: c’è sempre qualcosa da imparare.
Di nuovo a riguardo al tuo modo di cantare, in “Paradise Lost” appare in generale molto più aggressivo rispetto al passato, sicuramente diverso.
(Russel Allen) Ho solo pensato che l’argomento necessitasse di essere trattato con un po’ più di potenza. Ho voluto soltanto cantare ogni canzone nel modo in cui la canzone stessa doveva essere cantata, per via del suo mood, delle sue lyrics e della sua atmosfera generale.
A me piace instaurare un rapporto con ciò che sto cantando. Ti faccio un esempio, la prima canzone del disco, “Set The World On Fire” parla di tradimenti e io nell’ultimo anno ho effettivamente avuto un amico che mi ha molto deluso, in qualche modo mi ha tradito, eravamo amici da dieci anni, e questo è quello cui ho pensato quando ho scritto il testo della canzone. Capisci? Per me diventano qualcosa di assolutamente personale. Non ho bisogno di proiettarmi al di là della musica o del testo: mi basta restare perfettamente al loro interno e dire ciò che devo e voglio dire. Insomma, non devo soltanto “ruttare”, ma anche dire qualcosa e il senso di quel qualcosa è esattamente nella musica e nelle parole che sto cantando.
Ho semplicemente donato alle canzoni ciò di cui, secondo me, avevano bisogno.
L’album è un concept sul “Paradiso perduto” di Blake?
(Russel Allen) Sì lo è. Non abbiamo letteralmente tradotto il libro in una storia, ci siamo focalizzati sui punti chiave. All’inizio volevamo fare una suite di 20 minuti, un po’ come per “The Odissey”. Poi abbiamo pensato che l’album risultasse un po’ sbilanciato, perché tutte le orchestrazioni e le vocalità gotiche erano solo in una canzone. Allora abbiamo deciso di fare un intero concepì-album e di focalizzarci sui punti chiave: il potere, , la seduzione del potere e la corruzione. Abbiamo cercato di generalizzare il tutto e renderlo attuale, “Paradiso perduto” (“Paradise Lost”, per l’apputno N.d.r. ) è un classico della letteratura e tratta di temi che riguardano tutta l’umanità, e noi siamo umani: ci innamoriamo tutti, abbiamo tutti passioni. Tutto questo é appunto nel libro, dove la vanità ha il sopravvento: il protagonista pensa di essere meglio di un dio, e tutti noi, almeno una volta ogni tanto, abbiamo questo stesso problema di vanità… o no? (e lo dice con sguardo ammicante in stile hollywoodiano. N.d.r.). Allora abbiamo scelto di fare canzoni incentrate su questi temi e lasciarci cadere in mezzo qualche goccia di storia.
Parlando più specificamente della produzione del disco, io ho notato un suono molto migliore rispetto a “The Odyssey”. Quest’ultimo secondo me aveva un suono esageratamente compresso, direi “over-prodotto” il che rendeva i suoni molto meno naturali. “Paradise Lost” invece mi sembra davvero molto migliore, sotto questo punto di vista. Avete modificato qualcosa nel processo di registrazione o nella vostra strumentazione. Insomma, cosa puoi dirci a riguardo?
(Michael Romeo) Abbiamo provato tante soluzioni diverse, sotto tanti e diversi aspetti. Per esempio per la chitarra, parlo di ciò che mi riguarda più da vicino, ho avuto modo d provare diversi amplificatori. Ognuno che si adattava a una specifica sezione anziché un‘altra. Così la chitarra che si sente sul disco ha un sound ottenuto attraverso diverse combinazioni di amplificatori e chitarre differenti. Davvero: tantissime cose diverse, e pensa che i ragazzi che hanno fatto il mixing dell’album hanno preso i suoni, originariamente ottenuti scegliendo le combinazioni migliori così come ti ho detto prima, e hanno effettuato un processo di “re-amp”, in pratica hanno riprocessato nuovamente i suoni attraverso diverse testate e amplificatori.
Puoi dirci ancora che strumentazione hai utilizzato, almeno in maniera prevalente?
(Michael Romeo) Come ampli e testate un Engl e un Line 6, oppure il classico Marshall. Ovviamente utilizzati in maniera diversa, e o l’uno o l’altro a seconda delle diverse canzoni del disco, o addirittura delle diverse sezioni all’interno di ognuna canzone…