Ogni tanto bisogna essere sinceri: non avevo la minima voglia di andare ad intervistare Tarja Turunen. Ero reduce da una giornata di lavoro un po’ pesante, avevo ancora tante cose da fare, e l’idea di recarmi a Milano in un momento di pericolosa congestione del traffico, proprio non mi allettava…
Aggiungiamo anche che dopo tutta la telenovela di quest’estate dei Nightwish e della loro cantante ne avevo piene le palle, che a sentire i racconti di Tuomas Holopainen pareva che fosse una star bizzosa e piena di sé, impressione che un po’ avevo condiviso osservandola on stage. Ciliegina sulla torta, il preascolto di “My Winter Storm”, esordio solista della fanciulla di Kitee, non mi aveva per niente convinto. Ragion per cui è stata solo la serietà professionale che mi ha permesso di essere presente all’appuntamento.
Beh, mai stato più felice di essermi sbagliato: non solo Tarja è molto più bella di quanto avessi mai sospettato guardando le foto promozionali e seguendola in concerto, ma è anche una ragazza gentile, disponibile e simpaticissima, per nulla montata come qualcuno avrebbe voluto farci credere.
Carica a dovere per il lavoro appena terminato, consapevole di essere alla vigilia di un nuovo inizio della sua carriera, la singer ha deciso di lasciarsi completamente alle spalle il periodo dei Nightwish. Band che sia io che i tre colleghi con cui ho condiviso questo momento, ci siamo guardati bene dal nominare, ben consapevoli che era l’ultima cosa di cui avessimo bisogno dopo tutto il gossip gratuito che c’è stato (solo alla fine, a microfoni spenti e dopo le foto di rito, le ho domandato se avesse ascoltato “Dark Passion Play” e che cosa ne pensasse, ma ovviamente terrò per me la risposta!).
Quello che è segue è il resoconto di una chiacchierata veramente piacevole (forse la più bella intervista da me realizzata), in compagnia di un’artista simpatica, loquace, entusiasta… e poi si sa che anche l’occhio vuole la sua parte!
Immagino che siamo qui per parlare del tuo ultimo album…
Lo spero! (risate collettive NDA)
C’è un legame tra le varie canzoni, oppure le hai inserite senza un vero e proprio criterio di selezione?
In generale, la pianificazione dell’album mi ha portato via un intero anno. Sai, decidere quali canzoni inserire, il tipo di disco che avrei voluto fare, ecc. Non volevo assolutamente fare un disco che potesse essere facilmente catalogato in un’unica categoria musicale. Volevo fare qualcosa che desse di me un’idea completa come artista, e io non mi sono mai sentita esclusivamente come una cantante metal. E’ vero, sono stata in un gruppo metal per nove anni, ma provengo da un background classico, ho fatto un sacco di tipi diversi di concerti in tutto questo tempo, ecc. Così ho voluto che questo lavoro fosse completamente mio, ho voluto affrontare la sfida di inserire in un unico album tutti i miei interessi e influenze musicali. Non nascondo che era una sfida difficile, ed infatti è stato parecchio complicato lavorare a “My winter storm”, eppure adesso posso dire di essere completamente soddisfatta, di essere fiera di ciò che è venuto fuori.
Anche l’approccio alle canzoni è stato diverso: avevo già provato a scrivere canzoni per conto mio in passato, avevo fatto qualcosa anche con mio fratello, ma non era nulla di serio. Oggi, per la prima volta, ho avuto la possibilità di scrivere canzoni da sola, e di avvalermi della collaborazione di autori esterni. Da questo punto di vista non ho avuto problemi: appena si è sparsa la voce che avrei realizzato un album solista, un sacco di compositori mi hanno mandato il loro materiale chiedendomi se avrei voluto cantare un loro brano. Sono stata letteralmente sommersa (ride NDA)! Ovvio che molte le ho dovute scartare…
Facci dei nomi!
No, non voglio nominare nessuno… anzi, sapete com’è andata realmente? Le canzoni arrivavano tramite la Universal Music, la mia nuova etichetta discografica. Ho detto alle persone interessate che non volevo sapere il nome di chi le mandava. Questo perché, nel caso si fosse trattato di qualcuno che conoscevo bene, avrei potuto farmi condizionare. Ho ascoltato le diverse centinaia di cose che mi sono arrivate, ne ho scelte un paio, dopodichè mi sono incontrata con gli autori e abbiamo iniziato il lavoro vero e proprio. Cominciare è stato davvero fantastico! L’intero processo di lavorazione è stato qualcosa di completamente nuovo per me: sai, selezionare i musicisti, i produttori… prima di allora non avevo mai lavorato a stretto contatto con un produttore, e me l’ero sempre immaginato come una figura rigida, del tipo: “Voglio fare questo tipo di musica” con io che lo guardavo spiazzata e dicevo: “Noooo!” (ride NDA) Non avrebbe mai funzionato così! Avevo delle belle idee, che giudicavo davvero valide, per cui avevo bisogno di qualcuno che potesse supportarle, che potesse chiarirle meglio, che desse anche il suo apporto personale, questo è chiaro, ma che comunque lavorasse assieme a me. Doveva essere una persona così, non uno sconosciuto con cui avrei dovuto litigare tutto il tempo. E diciamo che con Daniel (Presley, che ha lavorato anche con Faith no More e The Jewels NDA) le cose sono andate proprio in questo modo. Sono veramente soddisfatta, perché ho finalmente fatto qualcosa di interamente mio, per la prima volta la gente potrà sentire veramente me sul disco, potrà percepire quella che è la mia vera essenza. Presto si vedrà quali saranno i risultati…
E che cosa puoi dire invece dei testi? Che cosa significa esattamente questa “tempesta invernale”?
Oh, ha un significato veramente speciale e personale. Ho ricavato il titolo dal testo di “I walk alone”, che è anche la prima canzone su cui ho lavorato, una delle primissime che sia stata scritta per me da qualcun altro. E’ un pezzo veramente particolare: fin dalla prima volta che l’ho ascoltato mi ha ricordato il “Requiem” di Mozart. La conoscete la storia del Requiem, vero? Sapete che Mozart lo scrisse in qualche modo per se stesso, perché era malato e sapeva che sarebbe morto presto? E’ un’idea veramente forte, e mi sembrava si collegasse a quel potente feeling dark di cui la canzone è pervasa. Ispirata da questo, ho voluto guardare molto più in profondità all’interno delle canzoni e dei testi. Da questo è nata l’idea di “My winter storm”. “My winter storm holding me awake it’s never gone”… che cos’è questa tempesta che mi tiene sveglia e che non se ne va? Sono i fan! Loro, voi, siete la mia tempesta! Loro sono la mia ispirazione, l’unica ragione per cui esisto come artista, senza di loro non sarei qui. Una volta capita questa cosa, mi sono detta: “Ok, questo è un nuovo inizio per me, vorrei che anche il titolo potesse comunicare questa nuova sensazione di libertà e serenità!”. Ora, se uno pensa ad una tempesta, normalmente non vi associa un’idea positiva… e in effetti molta gente mi ha detto: “Ma che razza di titolo hai scelto? E’deprimente!”. In realtà per me non è affatto così: la tempesta ha un’idea positiva, bella, energetica… qualcosa di bello, di estremamente potente…
Effettivamente io pensavo che rappresentasse qualcosa di autobiografico, il tuo momento di difficoltà subito dopo essere uscita dai Nightwish e aver dovuto ripartire come artista… da qui anche l’idea di “I walk alone”…
E io ti capisco perfettamente! Non sei l’unico ad avere avuto questa impressione… però non è così (ride NDA)! Non ho mai avuto intenzione di richiamarmi alle cose negative che sono accadute nel mio passato. Perché mai avrei dovuto? Perché rivangare quelle cose? Non potrei più andare avanti a fare musica se continuassi a portarmele dietro! Certo, ci sono cose che non dimenticherò mai, che porterò per sempre nel mio cuore… ma “My winter storm” è un disco positivo. E’ dark, è ovvio, io sono una dark (ride NDA)! E’ dark per quanto riguarda l’atmosfera, il tono generale, ma non per quanto riguarda il messaggio. Non sto dicendo una cosa del tipo: “Da adesso in poi cammino da sola!” (ride NDA) Io non sto camminando da sola, sto camminando con la gente!
Ascoltando il disco mi è sembrato di trovare alcuni richiami a gente come Lorena Mc Kennith o Tori Amos: sei d’accordo?
Ho un totale rispetto per le artiste che hai nominato, mi piace la loro musica e ho sempre seguito la loro carriera, ma non posso essere d’accordo con te per quanto riguarda le influenze. Questo è un disco molto personale, lo si capisce sin dalla copertina, quella sono io, in tutti i sensi, ci sono le mie passioni, le mie sensazioni, il mio cuore. C’è un filo rosso che collega tutte le canzoni e lo puoi trovare se ascolti bene. E’ comunque normale che alcuni questa cosa non la colgano: siamo artisti e forse proprio per questo non facciamo musica per tutti! Ci saranno sempre persone che apprezzeranno quello che facciamo e altre che non lo apprezzeranno. Da parte mia, l’ho già detto, sono felice di quello che ho fatto, e spero che venga apprezzato dal maggior numero di persone possibili, ma dall’altra parte voglio anche rimanere realistica, non me ne sto certo qui a fantasticare di vendere milioni di copie e di andare ad abitare in un castello (ride NDA)!
Dunque… sul disco compare anche un’interessante cover di…
Oh no (scoppia a ridere NDA)!
Lo immaginavo! Sarà la millesima volta che rispondi a questa domanda, vero?
Già (sempre ridendo NDA)…
Se vuoi possiamo anche cambiare…
No, non ti preoccupare, fai pure…
Ok! Dicevamo di questa cover di Alice Cooper, “Poison”… è stata una sorpresa trovarmela nella tracklist…
Ma hai già sentito la mia versione, vero?
Sì certo… (risate da parte degli altri miei colleghi, ai quali avevo rivelato come non mi avesse entusiasmato molto NDA) posso essere sincero?
Certamente!
Ecco, mi sa che preferisco l’originale! Non fraintendermi, la tua versione è interessante, ma è molto diversa, particolare, e trovo che c’entri poco anche con il tono generale dell’album… mi puoi spiegare come ti è venuta l’idea di inserirla?
Volevo assolutamente inserire una cover sull’album, di questo ero sicura. A questo punto, credimi, è stata veramente difficile scegliere quale! Chiunque, dalla casa discografica, ai miei famigliari, ai miei amici, se ne usciva fuori ogni giorno con cose come: “Che ne diresti di fare una cover di…” Era diventato un po’ stressante (ride NDA)! Una cosa che mi era chiara, è che volevo tornare indietro al tempo in cui ero una teenager, all’incirca dunque la metà degli anni ottanta (in realtà ha 29 anni, ma forse voleva dire che allora ascoltava le band di quel periodo NDA): ho iniziato dunque a pensare a Whitesnake, Ac/Dc, gruppi del genere, finché un giorno, mentre guidavo la mia macchina in Finlandia, cercando disperatamente di restare sveglia, ho messo su una stazione rock a tutto volume (ride NDA) e per ben cinque volte, nell’arco del tragitto, hanno passato “Poison” di Alice Cooper. Ovviamente mi ha colpito, e ho iniziato seriamente a pensare a come sarebbe stato fantastico fare una cover di quella canzone, ho iniziato a immaginarmi come sarebbe stato cantarla. Alla fine mi sono convinta che avrebbe potuto funzionare davvero! In realtà per la band non è stata una passeggiata, hanno avuto un sacco di problemi a suonarla, a registrarla…
Davvero?
Sì, perché senza la voce non riuscivano a capire come sarebbe potuta uscire, non riuscivano a vedere i risultati e sembrava loro di non stare andando da nessuna parte… mi guardavano piuttosto scoraggiati e io ero l’unica che provava a dire: “Coraggio, potete farcela, sarà grandiosa!” (ride NDA) Trovo che abbia un impatto fortissimo, è una canzone molto positiva, piena di energia, è davvero un pezzo di cui avevo bisogno, ha reso in qualche modo il disco più fresco!
Ho dovuto chiedere a …….. che si è occupato di tutta l’effettistica, avendo già lavorato nel mondo delle colonne sonore. Gli ho detto: “Fammi una Poison che faccia paura” e lui ha risposto: “Che cosa?” “Hai capito benissimo!” gli ho detto (ride NDA). Quando mi ha mandato il lavoro finito, il mio produttore non voleva credere che fosse proprio il pezzo di Alice Cooper… ovviamente è un professionista per cui l’ha capito subito, anche perché ha riconosciuto il riff di chitarra, però è rimasto molto spiazzato, come me del resto! Poi abbiamo fatto un bel lavoro in studio: abbiamo messo molte chitarre, mio fratello ha fatto le backing vocals… a pensarci bene ci ha messo un giorno intero solo per quello (ride NDA)… ad ogni modo funziona!
Ti è mai venuto in mente che “Poison” ha rappresentato per Alice Cooper una vera e propria rinascita della sua carriera dopo un periodo negativo? In un certo senso è così anche per te oggi…
Wow! (risate generali NDA) Non ci avevo mai pensato! E’ una riflessione molto interessante, è vero, non mi era proprio mai venuto in mente… ovviamente so tutta la storia che c’è dietro quel pezzo, so che per lui ha rappresentato davvero una svolta, e in effetti anche per me questo disco rappresenta una svolta (ride NDA)!
Mi puoi parlare dei musicisti coinvolti in questo progetto e del modo in cui li hai scelti?
Ciascuno di loro ha una ragione particolare per essere qui: li ho scelti principalmente in virtù del loro background, della musica che suonano, delle loro caratteristiche tecniche, delle loro personalità e caratteri, o anche del suono che sanno tirare fuori dal loro strumento. Prendi ad esempio Doug Wimbish (il bassista NDA): mi piace tantissimo il suo suono, la sua personalità, ecc.
La selezione dei musicisti è stata particolarmente lunga, c’era una lista di nomi e non è stato facile scegliere. Non solo io ho fatto le mie proposte, ma anche la casa discografica: ad esempio Alex Scholpp (il chitarrista) non lo conoscevo, ma Daniel mi ha fatto ascoltare alcune delle sue cose e mi sono piaciute, per cui sono molto soddisfatta di averlo potuto utilizzare, e ancora di più per il fatto che suonerà con noi dal vivo. Mi è piaciuto davvero come tutti i musicisti si sono coinvolti nel progetto, come hanno amato le canzoni, la mia voce, ecc. Siamo andati decisamente d’accordo, abbiamo stabilito una connessione molto stretta. E’ stato anche stimolante andare in studio con persone che non conoscevo bene, senza un’idea sicura di che cosa sarebbe esattamente successo. Ho incontrato nuove persone, esattamente come sto incontrando voi ora, e fare musica con persone che non conosci, arrivando a stabilire una connessione man mano che si lavora, è una cosa assolutamente affascinante.
Abbiamo registrato in Irlanda, a un paio d’ore da Dublino, in una vecchia fattoria nel mezzo del nulla! Un posto incredibile, non ti verrebbe mai in mente di andarci se non sapessi che c’è uno studio di registrazione! Il posto ha ovviamente aiutato: c’era un non so che di magico nell’aria, potevi sentire tutto il fascino misterioso dell’Irlanda. La cosa più importante è stata però che abbiamo avuto un paio di giorni a disposizione prima delle registrazioni, per prendere confidenza con le canzoni, per esercitarsi. E’ stata una cosa molto bella, ho capito che ero a mio agio, tra amici, e che avrei potuto essere me stessa, e infatti così è stato! E devo dire che è la prima volta nella mia vita che mi capita una cosa del genere…
Coi Nightwish hai registrato per anni con la Spinefarm, dopodichè siete approdati alla Nuclear Blast. Ora registri per la Universal, che è un’etichetta completamente diversa dalle due precedenti: che tipo di differenze stai riscontrando?
Oh, è diverso, certo, ogni etichetta ha il suo modo di lavorare! La ragione per cui ho voluto andare con la Universal Germany è che conoscevo già alcune persone che vi lavoravano perché mi era capitato di averci a che fare in passato. E’ stata di conseguenza una scelta facile, molto di più che andare da qualcuno che non conoscevo, che non sapevo se mi avrebbe rispettato come artista o non avrebbe piuttosto iniziato a trattarmi come la nuova Britney Spears (ride NDA)…
Per carità…
(risate NDA) Esatto! Per carità! A parte gli scherzi, è stato molto importante per me sapere che loro mi capivano, che io potevo fidarmi di loro e, nel caso ci fosse stato qualche disaccordo, che avrei potuto discuterne.
Mi sembra di aver capito da quello che dicevi prima che ci saranno delle date a supporto del disco…
In realtà mi dispiace molto per voi italiani, ma ci saranno solo dieci concerti prima della fine dell’anno, e nessuno di questi sarà da voi… adesso non ho in mente bene, ma credo che la data di Mosca sia quella più vicina a voi…
Mosca? No, non è possibile (in effetti una bella ripassata alla geografia… NDA), non suonate in Germania? A Monaco magari?
Sì esatto, in Germania! Però non a Monaco, non mi ricordo esattamente dove… andremo di sicuro a Mosca, Londra, Zurigo…
Ecco, quella è decisamente vicina! Sono circa tre ore da qui… potremmo anche organizzare una macchinata…
Hey, sarebbe davvero fantastico! Adesso facciamo solo dieci concerti perché dobbiamo assestarci bene, ma andrà alla grande, ho una grandissima band alle spalle, c’è Mike Terrana alla batteria…
Ma dai? Grandissimo! (risate generali perché in effetti Mike è un personaggio NDA)
Avremo anche una batteria elettronica, qualche effetto, e di quelli dovrebbe occuparsene mio fratello, che farà anche qualche duetto con me, sullo stile di “Poison”… in realtà saremmo ben sette persone sul palco…
Caspita, vi servirà un grande stage…
Mah, possiamo anche stringerci, non è un problema (ride NDA)! Abbiamo anche una grande setlist: ovviamente per la maggior parte si baserà sui pezzi di “My winter storm”, ma sicuramente faremo anche qualche cosa dei Nightwish, non vedo nessuna ragione per cui dovrei lasciarle fuori… e cercheremo di venire in Italia il prima possibile, speriamo attorno ad aprile. Non c’è ancora niente di sicuro, questa è il mio primo disco da solista che esce sul mercato internazionale, per cui bisogna capire ancora bene come andrà…
Beh, noi possiamo iniziare a darle una mano, vero?