I Sonata Arctica hanno appena pubblicato il loro nuovo lavoro in studio, e ancora una volta sono riusciti a spaccare pubblico e critica: da una parte, coloro che considerano i primi due dischi come il non plus ultra espresso dalla formazione finlandese in tutto l'arco della propria storia; dall'altra, quelli che difendono ad oltranza la brillante evoluzione stilistica intrapresa da “Winterheart's guild” in avanti. Evoluzione che, non mi stancherò mai di ricordarlo, era già ben presente tra i solchi di “Ecliptica” e soprattutto di “Silence”, pur nascosta sotto a tonnellate di ottimo power speed europeo. Rimandando a sede più appropriata il discorso su “The days of grays” (c'è una recensione nella sezione apposita, che consiglio vivamente di andarsi a guardare prima di leggere questa intervista), è tempo di fare le solite chiacchiere di rito con la band, nel tentativo di scoprirne di più su un lavoro che è sì bello, ma anche tremendamente complicato.
L'intervista in questione ha luogo a fine agosto e viene effettuata via telefono, complice la crisi che ha costretto anche una grossa label come la Nuclear Blast a tagliare qualche voce di bilancio.
Fin qui nessun problema. Parlare per telefono ha i suoi vantaggi, primo fra tutti la mancanza di colleghi in coda, pronti a batterti sulla spalla appena accenni a sforare coi tempi (senza rancore, ovviamente, si sa che è un duro lavoro!). Peccato solo che il buon Tony Kakko abbia pensato bene d dedicarsi solo alla carta stampata, lasciando noi poveri mestieranti del web in balia di Elias Vilijanen, chitarrista e nuovo entrato nel seno dei finlandesi. Non me ne voglia il poveretto (che è stato gentilissimo, anche se timido e un po' troppo sintetico), ma se in un gruppo c'è una sola persona che si occupa di musica e testi, non è che sia proprio utilissimo parlare con qualcun altro... aggiungete anche che io Tony non ho mai avuto la fortuna di intervistarlo, e vi farete un'idea del livello di entusiasmo col quale ho affrontato questa telefonata interurbana...
Dopo tutto però, Elias si è dimostrato un interlocutore piacevole, alle domande ha risposto, e ne è venuta fuori una chiacchierata abbastanza interessante... leggere per credere!
Ciao Elias, innanzitutto ti faccio i miei complimenti per l'album, che mi è piaciuto davvero molto! Questo è il primo disco che realizzi coi Sonata Arctica. Direi che potremmo iniziare da qui: mi racconti un po' di questa esperienza? Com'è registrare in studio con questa band, rispetto a suonare dal vivo?
Devo dire che il processo di lavorazione è stato piuttosto semplice. Abbiamo provato le canzoni per un mese, sei settimane al massimo, prima di registrarle. I pezzi sono tutti in perfetto stile Sonata e per me non è stato difficile suonarli e registrarli, è andato tutto esattamente come in questi due anni di tour! Ci siamo anche divertiti molto: abbiamo preso questa capanna nel bosco, in mezzo alla neve e tutto il resto, e lì abbiamo provato i pezzi. E' stato parecchio piacevole e rilassante perché al termine della giornata ognuno tornava a casa propria (tranne me che tornavo in albergo, visto che abito lontano) e poi il mattino dopo si ritornava nuovamente nel bosco. Sai, non è che ci fosse molta gente in giro, era decisamente suggestivo... Siamo dunque entrati in studio che la maggior parte delle cose era pronta, io poi ho registrato le mie parti nella mia città natale. Ci siamo poi ritrovati tutti assieme ad Helsinki per il missaggio e gli ultimi ritocchi. In generale, dunque, è stato un lavoro davvero tranquillo e piacevole.
Normalmente è Tony che si occupa di tutto il songwriting. Come vivi questa cosa? Non è un po' frustrante per un chitarrista, dover limitarsi a suonare le idee di altri? Non ti piacerebbe contribuire un po' di più.
Ho scritto un paio di canzoni per questo disco. Una verrà utilizzata come bonus track dell'edizione giapponese mentre l'altra, nonostante avesse riscosso successo, non è entrata nel disco perché Tony aveva già un'idea precisa di come questo avrebbe dovuto suonare, e il mio pezzo non è stato giudicato adatto. Per me non è un problema, però: stimo molto le qualità di Tony come compositore per cui va bene così.
Che mi dici di “The days of grays”? Potresti descrivermelo in due parole?
Suona molto potente, veloce, ed è anche massiccio, imponente, per via delle orchestrazioni che aggiungono molta più energia al tutto. Probabilmente è anche leggermente più diretto di quanto non fosse “Unia”. Su quello infatti c'erano molti stili diversi e alla lunga suonava dispersivo. Questo lo trovo invece molto più compatto...
Senti, stiamo un attimo su questo: vi seguo sin dall'inizio e ho apprezzato tutte le fasi della vostra evoluzione: certo, il mio preferito rimane sempre “Reckoning night”, ma trovo che in ogni album, che fossero dischi diretti e power oriented come “Ecliptica” o più sperimentali come “Unia” o quest'ultimo, siate riusciti a realizzare qualcosa di speciale. Purtroppo però constato come negli ultimi anni i fans siano rimasti sempre più attaccati ai vostri vecchi dischi, mentre non dimostrano lo stesso entusiasmo per i nuovi lavori. Mi ha colpito molto, per esempio, come nell'ultimo tour le esecuzioni di “San Sebastian” o “8th commandment” suscitassero molto più entusiasmo rispetto a quelle di “Caleb” o “It won't fade”. Che ne pensi?
Beh, è certamente vero! I fans amano molto le vecchie canzoni e credo dipenda dal fatto che sono molto veloci. Sai, quando suoni dal vivo inserire quel tipo di pezzi è molto importante, risultano parecchio coinvolgenti. E' anche vero però che adesso abbiamo suonato alcune date in Finlandia ed è successo che la gente è stata tranquilla ad ascoltare i pezzi nuovi, mentre si è scatenata su quelli tratti da “Unia”! E' un processo normale, che cambia col tempo: la gente preferisce ascoltare ciò che non conosce bene, mentre si coinvolge maggiormente coi pezzi più datati, perché ha con essi maggiore famigliarità. Io credo che, così come i brani di “Unia” stanno iniziando a venire apprezzati, la stessa cosa accadrà con quelli di “The days of grays”, anche se non sono tutti veloci e immediatamente orecchiabili. Abbiamo scritto canzoni di tutti i tipi, ma ovviamente abbiamo un folto gruppo di fan che preferisce quelle speed, quindi vuole sentirle quando viene ai nostri concerti, e noi di conseguenza gliele suoniamo. Ma nelle nostre setlist non trovano spazio solo questo tipo di canzoni, abbiamo anche le ballate, ecc. Pensa ad esempio a “White pearl, black ocean”: non è un pezzo particolarmente veloce, è lungo e molto articolato, eppure i nostri fan vogliono sentirla! L'abbiamo suonata durante l'ultimo tour e il pubblico era entusiasta. Per cui che posso dire? Che siano pezzi veloci o che non lo siano, noi proviamo ad accontentare tutti. Poi magari c'è qualcuno a cui piace tutto ciò che suoniamo, quindi ancora meglio!
Lo hai accennato prima e vorrei che lo approfondissi: da dove viene fuori l'idea di mettere così tante orchestrazioni?
Abbiamo lavorato con questo ragazzo, che si è occupato delle orchestrazioni sul disco di Lorraine King. A Tony è piaciuto molto il suo lavoro su quell'album, così ha deciso di provare a vedere che cosa sarebbe venuto fuori a lavorare con lui. Di solito è Tony stesso che si occupa delle parti aggiuntive di tastiera e delle orchestrazioni varie. Questa volta abbiamo avuto voglia di provare soluzioni nuove e credo che il risultato finale ne abbia giovato.
Parliamo un attimo di te: che cosa ha rappresentato per la tua vita l'ingresso in una band importante come i Sonata Arctica?
Ovviamente unirmi alla band ha rappresentato una grande opportunità per me, è una cosa che mi ha reso davvero molto felice. All'inizio ero un po' preoccupato, non sapevo come i fan avrebbero reagito al cambiamento ed ero spaventato. Devo dire però che i ragazzi della band mi hanno supportato moltissimo, inoltre essendo io l'ultimo arrivato, li ho contagiati tutti col mio entusiasmo (ride NDA). Suono la chitarra da molto tempo, da quando avevo circa dieci anni, ma questa è la mia prima grande esperienza. Ho la possibilità di fare tante cose nuove, come ad esempio andare in tour, è tutto molto eccitante. Certo, c'è anche tanto da lavorare, inoltre dormire su un tour bus non è sempre facile (ride NDA). Sai, di solito pensi che le persone di successo abbiano tutte degli ego spropositati e cose così. I ragazzi della band sono esattamente l'opposto, sono totalmente alla mano. Logico che io sia davvero molto soddisfatto di questa situazione!
Torniamo al disco: il titolo “The days of grays” e le sonorità della maggior parte delle canzoni mi fanno pensare ad un lavoro piuttosto triste...
E' una cosa che ho notato anch'io, ma non saprei dirti il perché. Dovresti chiedere a Tony, è lui che ha scritto tutto, per cui ti potrebbe spiegare se è un qualche cosa che dipende dai testi oppure no. Normalmente so che lui dice che questo è un disco molto più pesante, oscuro in qualche modo (come volevasi dimostrare! Io ci ho provato lo stesso... NDA).
Beh, a me sta piacendo molto. E trovo che sia una cosa consolante il fatto che, in un'epoca dominata dagli mp3 usa e getta, ci sia ancora qualcuno che ha il coraggio di fare un disco che vada ascoltato dall'inizio alla fine. A proposito, come pensi che reagiranno quelli che di solito i dischi non li comprano ma li scaricano selvaggiamente?
Mah, è una cosa di cui abbiamo parlato anche noi. Ricordo che Tony ha detto una roba del tipo: “La prima canzone è strumentale, la seconda dura otto minuti, scaricate pure, brutti stronzi (
risate NDA)!” Ha centrato il punto, non credi? Potrebbe essere vero quello che dici, chi lo sa? Dal nostro punto di vista, abbiamo voluto aprire con un pezzo così lungo e articolato, semplicemente perché una canzone di quel tipo, posizionata a metà, non avrebbe conservato la stessa tensione. L'effetto non è comunque dei più usuali: posso quasi sentirli i nostri fan, mentre ascoltano e dicono: “Cos'è 'sta roba?”. Si vedrà col tempo, comunque...
In questi giorni mi è capitato di guardare il video che avete appena girato per il brano “Flag in the ground”. Mi racconti qualcosa a riguardo? Mi piacerebbe soprattutto sapere di che cosa parla, visto che non ho ancora letto i testi e dalle immagini non si capiva granché (un modo molto elegante per dirgli che faceva abbastanza schifo NDA)...
Il video racconta di questo tizio inglese, nel sedicesimo o diciassettesimo secolo, qualcosa di simile, che si reca in America per fare fortuna. Ha potuto recuperare solo un biglietto per il viaggio, così è costretto a lasciare indietro sua moglie e la sua bambina. E' una storia interessante, avventurosa e romantica al tempo stesso, nella quale ci possiamo anche un po' immedesimare, perché anche noi, quando andiamo in tour, ci dobbiamo separare per qualche tempo dalle persone a cui vogliamo bene, e suonare in un posto nuovo è un po' come una conquista, un guadagnare più fans (
ride NDA).
L'abbiamo girato in Polonia, perché c'era questa crew di cui adesso mi sfugge il nome, che è molto brava ed è specializzata in video metal. Abbiamo girato tutto in un giorno (
adesso si spiegano tante cose NDA) e complessivamente è stata una bella esperienza, anche se faceva un caldo mortale e ci sembrava di morire!
State per partire un tour che vi porterà nel nostro paese a novembre. Quali canzoni del nuovo disco verranno suonate? E sai dirmi qualcosa della produzione?
Sulla setlist non so ancora dirti nulla. In Finlandia abbiamo suonato “Last amazing grays” e “Flag in the ground” ma dopo l'uscita del disco si tratterà di mettersi lì e di capire quali sono i pezzi che si adattano meglio ad essere portati on stage. Per quanto riguarda la produzione... boh, non so che dire. Dovrebbe esserci qualche cosa di nuovo ma non so se è stato già deciso niente di preciso... so solo che i tempi sono molto stretti, considerando che abbiamo già fatto le prime date quest'estate. Cercheremo comunque di mettere in piedi ancora una volta qualcosa di speciale e di divertirci!
Un'ultima considerazione: credo che ormai, a parte i mostri sacri come Iron Maiden e Judas Priest, band come Edguy o Sonata Arctica possano essere a ragione considerate come le più importanti del classic metal a livello europeo e mondiale... come la vedi? Ci pensi mai?
E' un grosso complimento, davvero! Ma credo che da un certo punto di vista sia vero: siamo cresciuti molto, abbiamo guadagnato tantissimi fan ed è una grandissima cosa essere arrivati a questo punto. E' una cosa a cui penso spesso quando mi alzo alla mattina: è una fortuna essere in questa band!
Posso chiederti un favore, prima di concludere?
Certamente.
Potresti chiedere a Tony di mettere in scaletta “Ain't your fairytale”, la prossima volta che verrete in Italia? E' uno dei miei pezzi preferiti dei Sonata Arctica, ma non ho mai avuto l'occasione di sentirla... anzi, penso non l'abbiate proprio neppure mai suonata live...
Io sicuramente no, ma credo che i ragazzi l'abbiano fatta due o tre volte durante il tour di “Reckoning night” e che abbiano poi deciso di lasciarla da parte...
Davvero strano, è un pezzo che funzionerebbe alla grande dal vivo...
Lo credo anch'io! Non mancherò di dirlo a Tony, appena lo vedo...
Bene Elias, ti ringrazio molto per la tua disponibilità, in bocca al lupo per tutto e ci si vede il 26 novembre a Milano...
Grazie a te, Luca. A presto!