Ai Loadstar non “piace” fare le cose in fretta. In “giro” dal 1985, hanno “meditato” a lungo il loro debutto “ufficiale”, ma bisogna dire, e qui le cose si fanno certamente più serie, che il risultato è eccellente, specialmente se considerate il metallo “classico”, nelle sue varie accezioni e sfumature, come una fonte intramontabile di piacere cardio-muscolar-uditivo. Qualora Vi siate riconosciuti in tale sommaria “catalogazione”, “Calls from the outer space” è, dunque, un disco che merita tutta l’attenzione possibile, per qualità artistiche specifiche e per “autenticità”, un elemento, in certi settori musicali soprattutto, ancora decisamente discriminante e significativo. E poi, ragazzi, “cominciamo” a sostenere davvero questi musicisti, che si “sbattono” da anni in condizioni (anche squisitamente “geografiche”) non esattamente favorevoli, in modo da consentir loro di non perdere la “fede”, dando una doverosa mano a quella bruciante passione, che è sempre da considerare l’efficientissimo carburante primario.
Allora, ragazzi … E’ stato pubblicato il Vs. eccellente esordio “ufficiale”, e i complimenti sono d’obbligo … Ehm, in fondo, non c’è voluto poi molto tempo, no?
Stefano: No, infatti, solo un quarto di secolo!!! Sembra molto, ma se lo paragoni alla storia dell’universo, o alla carriera dei Rolling Stones… non sembra poi così tanto, no?
Alessandro: sì, ci siamo arrivati con calma, ma gli ultimi mesi sembravano gli ultimi minuti del viaggio in treno: non passavano mai!
Proprio perché non siete esattamente dei “novellini”, direi di riassumere brevemente la Vs. “travagliata” esistenza artistica …
Stefano: Bè, travolti dalla tempesta di metallo fuso di quegli anni abbiamo cominciato a suonare insieme nel gennaio 1985 per pura passione, e dopo tre demo, delle buone recensioni e un po' di concerti, nel 1989 ci siamo lasciati per sempre, o almeno così pensavamo. Sul finire del 2005, io Alessandro e Max ci siamo dati appuntamento in una sala prove per divertirci un po’ e lì è scattato qualcosa, un desiderio ancestrale che credevamo scomparso si è risvegliato e si sono rotte le acque. Così abbiamo reclutato alla voce Arnaldo Laghi degli Entropy ed abbiamo cominciato a riarrangiare alcuni nostri brani degli anni ‘80 mai pubblicati (“Time won’t forget” e “Screen addiction”), e a comporne di nuovi. Con la prospettiva di suonare dal vivo e fare un promo abbiamo arruolato anche Riccardo Napoli che ci ha portato in dote brani del suo vecchio gruppo Hell’s (in cui ho anche suonato nel 1988/89). Uscito nel 2007, il promo ha ricevuto ottime recensioni e così abbiamo deciso di coronare il vecchio sogno di fare un album intero, “Calls from the outer space”, autoprodotto con grandi sacrifici…
Rimanendo sul tema, sinceramente, cosa credete non abbia “funzionato” a dovere in un percorso iniziato nella metà degli anni ottanta, con apprezzati nastri dimostrativi, e che si è concretizzato “tangibilmente” solo oggi con “Calls from the outer space”? Solo “colpe” esterne al gruppo, o anche qualche scelta sbagliata da parte Vostra?
Stefano: La “colpa” principale è stata quella di nascere e vivere nel mezzogiorno d’Italia, la scelta sbagliata quella di non trasferirsi altrove per cercare di perseguire il sogno… L’apprezzamento della critica e del pubblico non bastò, evidentemente, a suscitare l’interesse delle case discografiche, fisicamente troppo distanti da noi e forse poco lungimiranti.
Alessandro: l’errore nostro fu quello di non affidarci ad un manager capace di guidarci nella direzione giusta, all’esterno un mercato discografico non aperto al metal ed esclusivamente alle canzoni da classifica, orecchiabili e con i ritornelli giusti. Paradossalmente adesso quel momento sembra l’Eldorado, vista la situazione attuale.
“Calls from the outer space” è, dunque, finalmente uscito e le canzoni in esso contenute rappresentano un po’ tutta la Vs. “storia”. Vi va di descriverci i pezzi che ritenete maggiormente significativi, magari non solo per questioni squisitamente artistiche, ma anche per motivazioni “emotive”?
Stefano: Per me soprattutto i pezzi degli anni 80, “Gothic” su tutti perché rappresentò, nel 1987, il salto di qualità tecnico e artistico che stavamo inseguendo con un impegno e una passione intensissimi. Oggi può sembrare una composizione datata ma all’epoca per noi fu un traguardo notevole. “Time won’t forget”, dell’88, fu il passaggio ad uno stile meno speed e forse più maturo, così come “Screen addiction”, composta da Alessandro nel 1989.
Alessandro: condivido le idee di Stefano, e sulle nuove composizioni “Shotgun messiah” che trasuda ascolti di punk americano e tanto thrash…”Sand tides” che invece è uno dei primissimi nostri approcci alla metal ballad con una strizzata d’occhi ai Ryche….due esempi opposti ma comunque marchiati LOADSTAR.
Avete scelto d’includere come bonus-track “Canzone Appassiunata”, uno standard della tradizione napoletana riletto in una (per quanto mi riguarda, piuttosto riuscita) chiave speed, che vede la presenza della special guest Ida Rendano. Da cosa nasce questa scelta? Avevate “paura” anche Voi, come, a quanto sembra, accadde ad un Vs. illustre concittadino, di essere chiamati “rinnegati”?
Alessandro: l’operazione di “Canzone appassionata” è un atto politico, il tentativo di aprire un ponte tra due culture assolutamente chiuse su se stesse: il metal ed i neomelodici.
Due canali del tutto paralleli che non s’incontrano mai e che godono entrambi dell’ostracismo dei grossi Media. “Canzone” era il pezzo giusto per grinta e rabbia; quello di un amore offerto e non corrisposto, anzi maltrattato e deriso…funziona perfettamente per due generi che offrono canzoni alle orecchie degli ascoltatori e spesso vengono maltrattati se non derisi.
La scelta della canzone classica napoletana era anche un modo per richiamare l’attenzione, oltre che per rendere omaggio ad una canzone ultracentenaria che con un vestito del tutto insolito regge perfettamente l’onda d’urto di un arrangiamento modernissimo. Siamo cresciuti a Slayer e Pino Daniele, certe cose ti restano comunque nel DNA.
Come mai avete scelto un immaginario “spaziale”? Di cosa parlano i Vs. testi? E come mai avete inserito nel suggestivo digipack del Cd le sole liriche di “Sand tides”?
Stefano: astronomia, tecnologia e fantasy sono temi che ci hanno sempre affascinato, da ciò discende anche il nome del gruppo, che in inglese antico significa Stella Polare, quindi i testi e i titoli rispecchiano spesso questi temi, vedi “Alien world”, “Voodoo star”, “Screen addiction”, “Gothic”. Anzi, nel caso di “Voodoo star” vi è lo zampino dei Blue Oyster Cult, autori d’incredibili liriche “astronomiche” e “fantastiche”. Comunque in altri casi parliamo anche della situazione politica generale (“Shotgun messiah”) o di temi esistenziali come in “Sand tides”, il cui testo, scritto da Alessandro, ci sembrava particolarmente “sentito”, da qui la decisione di pubblicarlo, unico perché abbiamo scelto di non inserire il booklet nella confezione anche per non aggravare i costi, già alti, dell’autoproduzione.
Siete in “giro” da parecchi anni …Qualcuno potrebbe affermare che è da “pazzi” continuare a credere con grande entusiasmo in una musica che, soprattutto dalle nostre parti, non è ma stata e non è esattamente trendy, con tutte le difficoltà e responsabilità che un gruppo di “maturi” musicisti (lo stesso discorso si potrebbe fare per alcuni scribacchini “stagionatelli”, comunque …) presumibilmente deve affrontare. Cosa rispondiamo a questi sciocchini che la pensano in questo modo?
Stefano: Ma noi suoniamo per passione e non per lucro la musica che ci ha affascinato da adolescenti e alla quale siamo legati a doppio filo, in tutte le sue sfumature; che sia trendy o meno non c’importa minimamente; quindi forse siamo proprio pazzi!
Alessandro: non siamo qui per fare soldi (tutt’altro... ce li rimettiamo) siamo in questa barca per provare delle emozioni, credo che i pazzi siano quelli che invece dimenticano cosa voglia dire fare una cosa per il puro piacer di farla.
Nonostante sia stata dichiarata “defunta” spesso e volentieri, una certa forma di hard ‘n’ heavy “tradizionale” ha mantenuto un suo spazio all’interno del business musicale, e soprattutto in questi ultimi tempi, sta riguadagnando importanti posizioni nei gusti del pubblico e nell’interesse della critica. In generale, stiamo, dunque, assistendo ad una grande voglia di “classico” (ristampe, “ritorni” vari, festival dedicati, rubriche specializzate, intere iniziative editoriali, …). Si tratta dei soliti “corsi e ricorsi” della storia del rock, o ritenete che alla base di tale fenomeno ci possano essere motivazioni, in qualche modo, più “profonde”?
Stefano: Secondo me, poiché la musica pop/rock ha quasi completamente esaurito la possibilità d’innovazione, c’è un ritorno alle origini, o meglio alla fase più fertile e creativa della sua storia, un revival, cosa che succede spesso nel mondo musicale; nel metal in particolare ci sono varie correnti, vari sottogeneri, ed ognuno a suo modo è vivo e vegeto, le cose buone e vere sono dure a morire… quello che mi secca abbastanza è la settorialità: spesso chi ascolta un genere disprezza gli altri, o li ignora completamente, un modo di vedere con “i paraocchi” secondo me abbastanza ridicolo, al di là delle preferenze personali. Se la musica è “buona” ignorarla o snobbarla è sintomo d’incompetenza e mancanza di vera passione. Posso capire che alcune cose ti “prendono” più di altre, ma se impazzisci per i Dimmu Borgir o anche per i Dream Theater senza conoscere i Black Sabbath o i Deep Purple, senza ri-conoscerne l’influenza seminale, allora c’è qualcosa che non va… è una catena temporale da cui non si può prescindere in nessun modo.
Alessandro: credo che il successo vero del metal che tu indichi sia che affonda moltissimo le sue radici nel blues, io credo che il suo successo anche di questi anni sia dovuto soprattutto a questa matrice che nelle nuove leve si sta un po’ affievolendo.
Ed ora? Dopo tutta questa “fatica”, spero vivamente non Vi sentiate “appagati” … Quali sono i progetti dei Loadstar, una volta conquistato quest’importante ed agognato traguardo?
Stefano: Dunque, poiché il nostro cantante AL ha deciso, in modo del tutto amichevole, di lasciarci, abbiamo un nuovo cantante, Bruno Masulli, che sicuramente già conosci perché è protagonista d’innumerevoli progetti tra cui In Aevum Agere, Power Beyond, Annihilationmancer ed ex frontman dei Marshall. Con Bruno stiamo già componendo materiale nuovo e appena termineremo la fase di promozione di CFTOS cominceremo a pensare alla fase successiva…
Alessandro: sono annientato dall’assoluta mancanza d’opportunità live…e non credo sia colpa di nessun altro se non del pubblico che diserta i ns. pochissimi show ed anche quelli degli altri soprattutto in città, per il resto m’intriga continuare a comporre ma vedo davanti una scena del tutto morta.
Stefano: infatti, qui a Napoli la situazione live è disperata e disperante, la gente si muove solo per i grossi nomi o al massimo per le serate in cui si suonano cover, non c’è nessun interesse per la scena locale. I ragazzi restano a casa ipnotizzati da internet, dagli mp3 o dalla tv, vivono quasi totalmente in un mondo virtuale, digitale, l’emozione del bagno di decibel, di sudore ed energia di un concerto vero non la conoscono, forse non l’hanno mai vissuta, non gli importa di avere tra le mani un prodotto vero, reale, una copertina di un cd, una prova tangibile. E’ molto triste.
I tre dischi più importanti della Vs. “vita” …
Stefano: Judas Priest – Unleashed in the east; Iron Maiden – Killers; AC/DC – Back in black.
Alessandro: AC/DC – Back in black; Diamond Head - Canterbury; Iron Maiden – Killers
Massimo: Metallica – Master of puppets; Megadeth – Rust in peace; Iron Maiden - Killers
Riccardo: Judas Priest – Unleashed in the east; Megadeth – So far so good so what; Iron Maiden – Killers
Bruno: Megadeth – Rust in peace; Death - Individual thought patterns; Candlemass - Tales of creation
Io ho terminato. Augurandovi un enorme “in bocca al lupo” e ringraziandovi per la disponibilità dimostrataci, non mi resta che cedere il “microfono” per una conclusione “autogestita” dai Loadstar …
Stefano: Support Italian Metal!
Alessandro: staccatevi dai computer e andate a vedere le bands dal vivo, dovunque esse siano.