Quando gli Adimiron si risvegliano...

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Gruppo:Adimiron

Mancavano dalla scena musicale da troppo tempi gli Adimiron, band Italiana con uno stile e una personalità in continua evoluzione. Adesso è il turno di When Reality Wakes Up, ed è proprio Daniele (chitarra) a parlarcene!

Salve Adimiron! Sono passati addirittura cinque anni dal vostro esordio intitolato Burning Souls, credo sia il caso di fare un po’ di luce su tutto quello che è avvenuto dopo, come fu recepito da pubblico e critica? E dei radicali cambi di line-up cosa mi dici? Ricostruire un gruppo praticamente da zero non deve essere stato facile
Daniele: Burning Souls aveva una media alta sin dalle prime settimane dalla release, ricordo che venne accolto non di rado con toni entusiastici da alcuni tuoi colleghi; da qui le prime date del tour, e i primi riscontri diretti col pubblico. E’ stato un bel periodo, suonavamo molto dal vivo soprattutto all’estero e a quanto pare la gente apprezzava. Sono andato a riguardare la vostra recensione e finiva pressappoco con “ennesimo bel colpo della Karmageddon che dimostra di credere anche nel potenziale della nostra penisola.”
Ecco, è esattamente così che è iniziato il declino. Dopo un po’ di mesi i rapporti con la Karmageddon si sono incrinati irreparabilmente, complice anche lo stato di crisi in cui versava, e come succede quando si finisce col rompere i freni, abbiamo attraversato una fase di “discesa molto libera”. Contemporaneamente 3 di noi (della vecchia formazione) decisero di porre fine alla loro avventura nel gruppo per motivi personali. Sebbene sia stata una scelta maturata di comune accordo e malgrado anche il fatto che i rapporti tra di noi siano rimasti inalterati, ovviamente il ritrovarsi da un giorno all’altro in due non rientrava tra le aspettative più rosee. L’ipotesi di costituire un duo alla Simon & Garfunkel fu quasi subito scartata e da lì Alessandro ed io ricominciammo la “ri-costruzione”. C’è voluto un po’, molta pazienza e tanto lavoro, tutto motivato dalla passione che nutriamo per quello che facciamo.

Finalmente il vostro secondo album è uscito sul mercato, ma quanto lavoro c’è stato dietro When Reality Wakes Up? Il cambio di stile è netto, e si denota una ricerca stilistica più complessa ed elaborata del solito, merito dei nuovi ingressi in formazione?
Daniele: Già dal periodo a ridosso del cambio di line-up avevamo del nuovo materiale su cui lavorare, tante idee ma poche cose ben definite. Il periodo che Alessandro ed io abbiamo speso nella ricerca dei nuovi Adimiron in realtà è stato molto prolifico nonostante la discreta dose di pessimismo cosmico che avevamo in circolo, suonavamo tanto insieme e ci scambiavamo idee in maniera molto più efficace rispetto al passato. Quando ci ripenso mi viene in mente che forse le cose non sarebbero andate così se non ci fossimo trovati nella proverbiale merda fino al collo. Con i “nuovi” arrivati poi il cerchio si è chiuso, ognuno, come credo succeda in ogni buona famiglia, ha portato con sé le proprie influenze, idee fresche e materiale per noi nuovo. Certo non è stata una passeggiata, è stato un processo abbastanza lungo ed impegnativo che ci ha assorbito completamente e che si è protratto sino alla fine della sessione in studio.

Prima di addentrarci nei dettagli del disco mi piacerebbe sapere chi ha curato la copertina, è abbastanza ermetica, soprattutto rispetto a quella del precedente Burning Souls, che ovviamente era il classico artwork in linea con il mercato Thrash/Death Metal. Sta a significare qualcosa di preciso?
Daniele: Anche questo è uno degli aspetti di cui abbiamo iniziato a discutere sin da prima di trovare i nuovi componenti della band. Pensavamo a qualcosa di semplice che non fosse troppo in linea con gli artwork metallurgici, che riprendesse in parte (si veda l’interno del booklet) l’iconografia scura e un po’ sinistra del genere. La copertina in particolare è una di quelle idee che ti vengono subito, anche se in realtà i primi tentativi sono andati in un’altra direzione. Personalmente mi piace l’idea che quell’onda, oppure segnale – chiamiatelo come vi pare - sulla copertina. E' al tempo stesso univoca (comunque la si guardi è una linea bianca su sfondo nero) e polivalente; ognuno ci vede quello che ci vede. Per quanto mi riguarda riassume diversi concetti in sé, tra cui quello fondamentale della “rinascita” personale per via di esperienze che nel corso di questi anni ci hanno segnato in maniera più o meno dolorosa, del gruppo in quanto entità formata da singoli con il proprio bagaglio di cui sopra. E poi mi piacciono le cose semplici, dirette. Andrea (voce) in questo senso è stato molto bravo a realizzare questo concept grafico riuscendo ad integrare le sue “visioni personali” (booklet). E’ lui che ha realizzato interamente quello che i fortunati acquirenti di When Reality Wakes Up possono apprezzare ad ogni ascolto!

Rispetto all’immediato passato (si fa per dire…) gli Adimiron hanno posto maggiore attenzione al processo evolutivo; i riferimenti ai Pantera più massicci, a certi Tool e ai Nevermore è un fattore spontaneo? Oppure è stato calcolato a tavolino?
Daniele: Come ti dicevo When Reality Wakes Up è scaturito da tutti i fattori di cui parlavo poco fa. Non credo che la musica possa essere studiata a tavolino, o certamente non in maniera sistematica; c’è sempre, DEVE esserci, il lato “metafisico”. Quel qualcosa che non può essere spiegato e che ti porta a trovarti magari da solo in un posto X a suonare qualcosa che suona davvero bene. L’aspetto più “scientifico” emerge in fase di arrangiamento e di produzione, quando cerchi di capire qual è ad esempio il modo migliore per tradurre in frequenze quello che senti nella testa. O quantomeno andarci il più vicino possibile.

Immagino che anche il concept abbia risentito di questi forti cambiamenti, ma cosa si cela dietro titoli come Das Experiment, Wrong Side Of Town e giusto per citarne un’altra, Choice For A Mask? Ho preso in esame queste canzoni perché mi sembrano quelle più “enigmatiche”.
Daniele: Mi piace pensare che rispetto al messaggio che tentiamo di mandare ad ognuno arrivi qualcosa di personale, che possa far interagire questo qualcuno con quello che tentiamo di dire. Diversamente sarebbe come parlare a qualcuno che sta lì ed ascolta in silenzio, senza aprire bocca, senza partecipare. Un pensiero ricorrente che ho è l’immagine di un ascoltatore con il nostro disco sparato in cuffia (o semplicemente sparato e basta), con il booklet in mano che si lascia andare trasportato dal flusso, dalla musica, nel suo trip personale ed unico. E dopo queste riflessioni da fattone, per rispondere alla tua domanda, Das Experiment è il titolo dell’omonimo film che ha ispirato la stesura del pezzo, mentre Wrong Side Of Town ha una storia un po’ meno seria; il pezzo originariamente si chiamava Cage e parla più o meno delle cattive opportunità, del cosa possa significare crescere o finire nel lato sbagliato della città appunto. Quando siamo incappati in Wrong Side Of Town.com il cambio titolo è praticamente VENUTO da sé.

Che peso rivestono i testi nell’economia generale della vostra musica? Generalmente i metallari non badano molto a questo aspetto, relegando tutto all’efficacia di un riff di chitarra, ma immagino ci sia stato un lavoro di ricerca, o sbaglio? Solitamente da cosa traggono spunto gli Adimiron? Vi piace lavorarci sopra nel tempo oppure vi affrettate ad assemblare il tutto in studio di registrazione all’ultimo minuto?
Daniele: Andrea è entrato nel gruppo a poco meno di due mesi dall’inizio delle sessioni di registrazione. I pezzi erano praticamente stesi seppur nella loro forma più grezza, e lui si è trovato a buttare giù qualcosa come dieci testi in davvero poco tempo. Avevamo tantissime cose da fare in quel periodo e Andrea è stato grande anche in questo frangente. Ovviamente in studio ci siamo ritrovati a dover arrangiare più di metà del materiale tentando di recuperare i mesi di lavoro svolto senza un cantante. Solo due delle undici tracce di avevano un testo pseudo-definitivo rispettivamente Forgiveness che ho scritto io e Flag of Sinners opera di Alessandro. Dal punto di vista testuale When Reality Wakes Up ha un’unità di fondo, ogni pezzo è una storia, una zoomata su un tema a noi caro, che ci ha coinvolto personalmente o che semplicemente sentiamo a livello emotivo. Andrea poi ha sottolineato questo concetto dedicando ad ogni testo nel booklet una veste grafica che lo traduce in immagini.

Avete già testato i nuovi brani dal vivo? Non sono il massimo dell’immediatezza, vanno prima digeriti a dovere, ma poi si dimostrano ricchi di fascino e personalità, pensate si adattino bene alla dimensione live?
Daniele: Beh, probabilmente When Reality Wakes Up non è fatto di canzoni strofa-ritornello, e certamente non tutti i riff girano sul 4/4, ma è comunque un disco di canzoni. Abbiamo giocato con la struttura dei pezzi, con la matematica in alcuni arrangiamenti e con parti totalmente destrutturate e composte da suoni o rumori, ma in linea di massima l’impressione che ho e che spero sia evidente ai più è di fluidità e scorrevolezza. Ci sono dei forti richiami in ogni pezzo, un ritornello, una linea di chitarra o di qualcos’altro, la struttura stessa di una canzone o il modo in cui si evolve. E poi dopo aver visto gli Zu, o Mike Patton, o i Sunn o))) (gente malata, ndr) non direi che la nostra musica è poi così ostica o poco immediata! L’importante è avere un suono personale, qualcosa che permetta a chi ci conosce di distinguerci ed associarci solo a noi stessi. E’ questa la direzione in cui lavoriamo.

Ricordo ancora i tempi del vostro demo-cd Everlasting Fight, ma anche del successivo Eclipse, e ne è passata di acqua sotto i ponti, quanto ha influito il vostro passato alla luce di questi forti cambiamenti stilistici che avete adottato? Non avete timore che qualche fans possa voltarvi le spalle?
Daniele: Credo che sia una questione di cui un gruppo non dovrebbe mai preoccuparsi, specialmente se come noi allo stato attuale delle cose, si è ancora a tutti gli effetti una band underground. Con questo non intendo dire che i fans debbano essere snobbati, non considerati, ma semplicemente che prima di tutto si suona perché si vuole farlo. Se poi ciò che si sta facendo incontra o meno i favori di una cerchia di persone tanto meglio, perché questo implica che in sede live ci sono possibilità in più affinché si crei quella empatia tra musicisti e gruppo di cui siamo dipendenti.

Per il futuro prossimo cosa bolle in pentola? Non bisognerà mica aspettare altri cinque anni per rivedervi sul mercato? Per caso avete già iniziato a buttare giù qualche idea per un terzo album?
Daniele: Di idee nuove se ne provano più o meno sempre, attualmente stiamo lavorando su alcune cosette, ma preferisco non sbilanciarmi considerando anche il fatto che nessuno di noi ancora sa esattamente che direzione prenderà il prossimo lavoro. Lo chiamo “lavoro” anche perché non so ancora se sarà un full-lenght piuttosto che un EP o… non so un non-lenght?!

Ultimamente in che stato di salute è la scena meridionale? Ci sono realtà emergenti in Puglia che possono farsi valere?
Daniele: Il meridione e la Puglia in particolare, la mia terra, è sempre al centro dell’attenzione per il triste curriculum fatto di notizie riguardanti cronaca nera, mafia e via dicendo. Pizza-mafia-spaghetti insomma. Quello che spesso passa in secondo piano è lo spessore culturale ed artistico che tenta di emergere da diversi anni. Solo in ambito strettamente musicale (quello a me più vicino) sono molti i gruppi e gli artisti dei generi più diversi che propongono - tentano di proporre - la propria arte. Nel settore metallurgico (eheh) i primi due nomi che mi vengono in mente sono gli Ingraved e gli Stone Cutters, amici e “colleghi” che rispettiamo e stimiamo molto.

Ok… ti lascio l’opportunità di coinvolgere i lettori di EUTK… convincili che When Reality Wakes Up sia uno dei migliori dischi di questo 2009!
Daniele: Non ho ascoltato tutte le produzioni di questo 2009 e sarebbe presuntuoso da parte mia anche solo scherzare affermando una cosa di questo tipo. Ma d’altra parte peccherei di falsa modestia se non dicessi che When Reality Wakes Up è un bel disco. E’ un disco che ha diversi piani di lettura e livelli di ascolto, noi stessi ci siamo sforzati di ascoltarlo con orecchie “da esterno” per poter capire quale sarebbe potuto essere il punto di vista di un ascoltatore che non ci conosce. Se vi piace il Thrash Metal ma non volete ascoltare il copia-incolla sulla scia dei grandi nomi, se chitarre a 7 corde, voce incazzosa o sussurrata, elementi di elettronica e cazzatelle affini non vi disgustano, ovviamente se contenute tutte nello stesso disco…beh questo platter potrebbe finire con facilità nel vostro lettore e rimanerci per un po’.

Bene, siamo in chiusura, a te i saluti!
Daniele: OK! Innanzitutto grazie a te e allo staff di METAL.IT per il supporto e lo spazio che offrite alla scena, soprattutto quella italiana che come sempre, necessità di dosi sempre maggiori soprattutto di interesse da parte dei tuoi colleghi e del pubblico. Ringrazio i nostri supporter, quelli che ci seguono da sempre e che ci spingono a fare sempre meglio.
E, come sempre, rinnovo l’appello a scapocciare sotto il palco, a seguire le band dal vivo perché è quello il momento in cui ci si sente realizzati, è la cosa per noi più importante. Comprate i dischi se volete, scaricate la musica se non volete occupare prezioso spazio fra le mura domestiche con “inutili” suppellettili (leggi: dischi), insomma fate un po’ come cazzo vi pare, gente come noi tanto non campa con i profitti delle vendite. Suoniamo perché ci piace, perché è tutto quello che abbiamo, perché pensiamo di avere qualcosa da dire e perché siamo discretamente incazzati (lo so, suona un po’ desueto, ma in tempi come questi…)!
Intervista a cura di Andrea 'BurdeN' Benedetti

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 12 dic 2009 alle 04:15

bella intervista, complimenti agli adimiron e ad andrea