Le impressioni positive raccolte la scorsa primavera durante il preascolto di “Ancient spirit rising” si sono tramutate in certezza: il quinto disco dei Domine è uno di quei lavori come da molto non se ne sentivano: un disco metal duro e puro, suonato e prodotto divinamente, con un numero incredibilmente alto di pezzi favolosi, e soprattutto con un’apertura a 360 gradi su altre sonorità che ha dell’incredibile se pensi che gli autori sono una band defender per eccellenza! Ne ho parlato con Enrico Paoli in una lunga e piacevole chiacchierata telefonica: ecco a voi un resoconto completo di quel che è venuto fuori!
Dunque Enrico: ti dico subito che “Ancient spirit rising” mi è piaciuto un casino! Per la prima volta avete fatto un album che va oltre quello che è il genere epico, che ha una visione molto più ampia, completa, e che davvero potrà essere apprezzato da tutti, anche chi da non è mai stato famigliare con la vostra musica prima d’ora…
Ti ringrazio tantissimo, mi hai fatto davvero dei complimenti stupendi! Da quello che sta succedendo in questo periodo, con tutte queste reazioni positive, pare proprio che quello che avevamo in mente sia stato recepito. Abbiamo avuto sempre uno stile definito, siamo sempre stati schierati all’interno della scena metal, però siamo tutti fan di musica in senso lato,abbiamo dei gusti molto vari, e con il nuovo album volevamo fare una cosa che fosse libera dagli schemi e stilemi di un genere…
Per carità, non abbiamo avuto nessuna presunzione di riscrivere i dettami della musica metal, volevamo semplicemente omaggiare ciò che ci piace di più ascoltare, senza per forza di cose rimanere ancorati ai pilastri intoccabili del genere. E’ per questo che abbiamo inserito così tanti elementi universali, fuori dagli schemi. Parlando di arte in senso più ampio, senza voler essere arrogante, abbiamo voluto dar libero sfogo alla nostra esigenza di poter essere liberi di esplorare idee nuove…
Come musicisti e fan apprezziamo tante cose: heavy, ma anche cose con cui abbiamo iniziato, hard rock, prog, classica, folk, o cose più estreme anche… alla fine tutto, in un modo o nell’altro, è confluito in questo album.
E’ vero che questo disco è molto diverso da quanto avete fatto in passato, però la mia impressione è che abbiate fatto un bel passo avanti anche per quanto riguarda il vostro lato più heavy: brani come “The messenger” o “Tempest calling” sono assolutamente eclatanti…
Guarda, per certi versi non è facile essere obiettivi su di noi: ti posso dire che ogni volta che abbiamo fatto un album l’entusiasmo era altissimo, e ci sembrava la cosa più bella che avessimo mai fatto, poi, col passare del tempo, magari scoprivi certe cose che non ti andavano più, certi particolari che si cercava di migliorare col disco successivo.
Di conseguenza, credo che saremo più realisti quando uscirà il prossimo, oppure dopo aver fatto un bel po’ di concerti, perché quello è un altro modo di vedere se questi brani che abbiamo scritto ora reggeranno la prova del tempo. Una cosa vera è che questo è stato un disco che ci ha richiesto tanto lavoro e impegno: volevamo davvero fare un passo avanti, anche rispetto al nostro passato heavy non volevamo dare nulla per scontato, per cui anche su quel versante l’idea era di scrivere brani che avessero un alto standard qualitativo! Alla fine pensiamo di esserci riusciti: “The messenger” è stata presentata dal vivo in più di un’occasione e devo dire che, pur trattandosi di un brano che i fan non conoscevano, il responso è stato straordinariamente alto.
Considerando che avete fatto il preascolto con noi giornalisti a maggio dello scorso anno, come mai ci è voluto così tanto per vedere il disco pubblicato?
L’album era già pronto però è successa la stessa cosa che è accaduta con “Emperor of the black runes”: abbiamo dei contratti di licenza estera per la distribuzione, e i giapponesi hanno di solito la pretesa di uscire prima della versione europea, in più noi registriamo nella prima parte dell’anno, però così vorrebbe dire uscire d’estate, che per il mercato discografico è un periodo morto. Di conseguenza a maggio, quando ci siamo trovati per fare l’intervista, era già tardi. A settembre dovevamo poi terminare la parte contrattuale delle licenze, in quanto il disco uscirà anche in Russia, in Asia, ecc. A quel punto, essendo anche il periodo natalizio non particolarmente favorevole per le nuove uscite, i giapponesi non sarebbero stati pronti prima di gennaio, per cui siamo finiti a febbraio. Come vedi ci sono delle logiche di mercato che bisogna rispettare, anche se ovviamente noi musicisti vorremmo vedere il disco nei negozi il giorno dopo la fine delle registrazioni!
Le influenze seventies sono particolarmente evidenti in “Ancient spirit rising”: a tuo parere come mai i lavori ultimamente usciti in campo metal tendono a guardare clamorosamente al passato?
Penso che la situazione sia fin troppo chiara: certi gruppi tra i sessanta e i settanta hanno posto le basi del rock, e in un mondo musicale ancora vergine hanno tirato fuori dei capolavori che sono stati alla base di tutto ciò che è venuto fuori dopo. L’hanno fatto senza avere la tecnologia che c’è a disposizione oggi, quindi in un modo assolutamente autentico! “Paranoid” è un gruppo in una stanza che suona, nulla di più! Poi è arrivata la tecnologia, che da una parte è un’ottima cosa, e ha contribuito anch’essa a sfornare dei capolavori: “A night at the opera” dei Queen, che è il mio disco preferito in assoluto, non avrebbe potuto venir fuori senza certi mezzi tecnici. Questa cosa vale però solo fino a fine anni settanta, quando ancora i dischi erano registrati in modo reale, e favorivano una comunicazione emozionale. Poi è arrivato l’heavy, che ha ripreso le stesse idee in maniera più potente, e fino all’83 e all’84 non c’è stato nessun problema secondo me. In seguito però, l’idea di fare album più costruiti, e soprattutto la presa di posizione del mercato per sfruttare la musica hanno cambiato radicalmente le cose. Se prima infatti certe idee di marketing venivano utilizzate solo in altri settori, successivamente sono stati sfruttati anche nel mondo musicale.
Io credo che la tua considerazione abbia a che fare con il voler ritrovare un entusiasmo e una verità all’interno della musica: questo è il nocciolo della questione, il trovare una musica che trasmetta emozioni alle persone senza per forza essere la colonna sonora di un video con le fighe! A noi piacciono le band, ci piace suonare, per cui quello che abbiamo voluto fare è stato scrivere un disco nel quale ci fossero le stesse cose che ci piacerebbe trovare all’interno di un eventuale album acquistato, ritrovare tutte quelle cose che ci accompagnano da tantissimi anni…
Mi puoi dire qualcosa a proposito dei testi? Durante l’ultima intervista che avete rilasciato avevate anticipato che le tematiche fantasy non sarebbero state così preponderanti questa volta…
Con questo album abbiamo voluto fare testi più personali: è stata un’esigenza più che naturale dopo aver fatto quattro dischi in pieno stile fantasy. Mi è capitato di pensare, forse con arroganza, che questo disco fosse influenzato da una certa concezione di arte, in particolare quella vittoriana: Questi artisti prendevano i miti classici, o temi di vita ordinaria e ne parlavano in modo altisonante, epico. Dal mio punto di vista ho cercato di fare la stessa cosa: utilizzare temi di vita quotidiana, personali, però trattarli in modo che si amalgamassero con la nostra musica. Non ho nemmeno voluto scrivere dei testi legati a libri specifici, che sono stati per molto tempo una grande fonte di ispirazione per me. Sai, piuttosto che scrivere una storiella scopiazzata da tutti i libri fantasy che ci sono in giro e poi spacciarla per roba originale (che stia forse alludendo a chi so io? NDA), preferivo dichiarare esplicitamente da dove avevo preso certe cose. Ad ogni modo un pezzo su Elric (“I stand alone”) ho dovuto per forza metterlo!
Tieni presente anche che io ascolto anche tanti cantautori, tipo Tori Amos, Kate Bush, Elliot Smith, artisti che nella loro musica mettono cose personali in modo fantastico, persone che ti mettono il cuore davanti in una maniera meravigliosa… una cosa molto difficile da fare, però nel mio piccolo volevo andare in quella direzione.
E non è nemmeno una cosa in contrasto con quello che si faceva prima: non è la cosa che fai, ma come la fai: su “Ancient spirit rising” non ci sono cose che faranno rabbrividire fan dell’heavy metal, però possono portarlo fuori da schemi triti e ritriti. La ripetizione infatti è la morte dell’arte!
Lasciami dire che è davvero bello sentire un musicista metal parlare così! Anch’io sono sempre stato convinto che se c’è un modo per uscire da questa stagnazione in cui ci troviamo è proprio quella di aprire la nostra musica ad altre influenze, non farla rimanere autoreferenziale…A questo punto mi viene voglia di chiederti come riesci a conciliare questa situazione con il fatto di essere proprietario di una etichetta discografica (la Dragonheart, NDA) e quindi di dover per forza sottostare a certe logiche del mercato…
E’ difficoltoso, certo, poiché una certa attitudine a introdurre cose sperimentali viene accettata da gruppi già conosciuti, ma non da gruppi nuovi. Noi di problemi ne abbiamo pochi perché siamo un’etichetta piccola, per certi versi estranea a certe logiche, però l’idea del mercato è quella di andare sul sicuro, con generi stabilizzati, con un marketing preciso. Se vai su cose a metà strada è rischioso, non viene recepita, è un trend che coinvolge tutti, dai ragazzi ai media agli addetti ai lavori. E soprattutto è vero in questi ultimi anni, dato che le uscite sono tantissime!
Parliamo del tour: sinceramente ho sempre pensato che un gruppo come il vostro sia da tempo pronto per accompagnare una grande band in giro per l’Europa o, addirittura, per un vero e proprio tour nelle vesti di headliner… come mai questo non è ancora accaduto?
C’è tutta una serie di problemi legati al mercato: fare da supporto ad un nome di livello ormai è un casino, devi essere di una certa importanza anche tu: negli ultimi anni infatti il calo di interesse da parte del pubblico ha fatto sì che le agenzie puntino su tour da due o tre band importanti, in modo tale da attirare più gente e contenere le spese. Di conseguenza, se vuoi aggregarti a delle cose così, o paghi un sacco di soldi, oppure devi avere molta fortuna. Nel 2000 abbiamo fatto un piccolo tour europeo con Riot, Agent Steel ed Anvil: niente di che, ma è stata una bella cosa. Poi abbiamo avuto l’occasione di fare tanti festival: Heineken, Wacken, Gods of Metal più di una volta, e poi supportare in Italia grossi nomi come Dream Theater o Judas Priest. Per noi sono state tutte delle bellissime cose, però accedere ad un livello superiore è davvero difficile, la concorrenza è enorme, e a livello commerciale non siamo molto alti. Quello che faremo quest’anno è un tour italiano ad aprile (per ora ci sono quattro date già confermate) e anche qui non ci sarà la possibilità di andare oltre il Nord e il Centro, perché si sa che suonare dal vivo in Italia è sempre un problema. Inoltre abbiamo qualche cosa in ballo per l’estate, e vedremo come andrà. Per adesso, rimaniamo nell’ambito consueto.
Posso chiederti se hai letto qualche bel libro fantasy di recente? A me sta prendendo tantissimo la saga di Martin “Le cronache del ghiaccio e del fuoco”…
Sinceramente nell’ultimo anno sono uscito un po’ dal genere fantasy… adesso leggo scrittori tipo James Ellroy, che non centra niente ma che è bravissimo, per cui… di Martin ho letto il primo della saga: è bravissimo per carità, scrive davvero bene, ti attanaglia, però arrivi alla fine e ti rendi conto che è un telefilm, non finisce più! A proposito di serie TV, io sono un grande fan di “Lost”…
Davvero? Allora mi sa che è meglio smettere qui perché potremmo andare avanti tutta la sera! Immagino che anche tu starai seguendo in rete i nuovi episodi americani…
Secondo me è il più bel telefilm degli ultimi dieci anni, davvero! Sì, anch’io sono arrivato alla pari con l’America! Non mi piacciono molto le cose scaricate da internet, ma ho degli amici che ci passano tutta la giornata, me le mandano e che cosa devo fare (ride)?
Beh, forse potreste aver trovato una buona fonte di ispirazione per il prossimo disco…
Sì, visti gli sviluppi, magari anche per i prossimi venti dischi (ride)!
Ok Enrico, grazie davvero per la tua disponibilità, è stato un piacere parlare con te!
Anche per me Luca!
Ci vediamo ad aprile allora…