Betty Poison: alternative rock under radioactive stars.

Il rock è tradizionalmente un universo in cui la figura maschile è da sempre considerata il fondamentale punto di riferimento.
Periodicamente l’attenzione dei media si sposta “sull’altra metà del cielo”, ma se tale circostanza è stata spesso contingente (penso al punk di Siouxie, Slits, Raincoats o all’hard di Runaway e Heart) e talvolta minata da atteggiamenti un po’ voyeuristici e accondiscendenti (il metal di Bitch, Vixen, Femme Fatale, ecc.) con il fenomeno del “foxcore” anche quel mondo così sciovinista ha dovuto cambiare prepotentemente le sue prospettive, riconoscendo a queste “ragazze arrabbiate” la capacità di rendere peculiare il linguaggio della neonata scena di Seattle, attraverso situazioni ed esigenze mai toccate prima dalla canzone rock.
Come sempre, quando un evento da underground diviene un fatto di “pubblico dominio”, si finisce per confondere i termini del discorso e per “svuotarlo” dei suoi contenuti, ma quello che rimane sono gli indiscutibili meriti musicali e la forza di una consapevolezza e coscienza femminili impossibili da sofisticare.
Brandelli degli inizi di quella vibrante stagione, quando ancora retorica, sterili slogan e vuoti cliché non si erano impossessati della questione, rivivono nella musica dei Betty Poison, valida formazione laziale capitanata dalla conturbante e carismatica figura di Lucia Rehab, capace di coniugare, con il recente “Beauty is over”, quelle antiche forme di rabbia, carica e grande attitudine melodica con una profonda radicazione nei nostri tempi, in cui la sofferenza vissuta sulla propria pelle e scagliata verso l’ascoltatore come uno sfogo psicanalitico violento, disperato, tenero e malinconico si traduce in un travolgente impatto sensoriale, anche nelle veementi contraddizioni del terzo millennio.
A voi il dovuto approfondimento con i diretti interessati …

Ciao ragazzi, grazie per il tempo che ci dedicate, benvenuti sulle pagine “virtuali” di Metal.it e complimenti per il vostro pregevole “Beauty is over”. Direi d’iniziare affrontando immediatamente qualche tema vagamente “spinoso” che vi riguarda … il vostro curriculum è ormai piuttosto ricco e significativo … come vivete il “peso” di essere classificati come “una delle band emergenti più interessanti della scena rock italiana”, con tutto il corredo d’invidie e sospetto che, atavicamente direi, contraddistingue la nostra “scena alternativa” non appena una band comincia ad acquistare un po’ di visibilità …
Intanto grazie a voi, sia per lo spazio che per il sostegno che ci date. Come band lasciamo liberi gli altri di valutare liberamente la nostra musica e come tutti siamo felici quando viene apprezzata, pur mettendo in conto che a volte possa non essere così. Quanto alle degenerazioni di cui parli e cioè al corredo d’invidie e sospetti che accompagnano chiunque suoni con una certa regolarità, direi che è una manifestazione della “schadenfreude”, quel sentimento insinuante e morboso che porta molta gente a godere segretamente delle sfortune altrui, e di conseguenza, a cercare di minarne le gioie. La nostra reazione di fronte a questo tipo di atteggiamento è molto semplice: per quanto riguarda l’invidia parafrasiamo Dante Alighieri e il suo meraviglioso “E lascia pur grattar dov’è la rogna”!
Per quanto riguarda sospetti e insinuazioni a volte amiamo fare elenchi di tutte le leggende metropolitane che girano sul nostro conto ed è sempre molto divertente costatarne l’assurdità.
La gente ha più fantasia del barone di Münchausen!
Nella suddetta operazione “visibilità”, ha avuto un certo peso la carismatica figura di Lucia Rehab … “un’arma” sicuramente importante da “sfruttare” nella speranza che la “morbosità” dei media funga da tramite per la curiosità dei rockofili, inducendoli a scoprire, così, che i Betty Poison artisticamente e concettualmente sono qualcosa di molto più complesso di un’immagine da “ragazza arrabbiata e problematica” … come vi ponete, però, nei confronti di chi inevitabilmente sosterrà che abusate di tale risorsa?
Lucia è una donna di un metro e sessantatré, con un naso importante e una spiccata somiglianza con la sua nonna paterna asmatica e malata di tiroide, ma è anche molto assertiva e decisamente originale e molti media si sono concentrati su di lei trovandola interessante. Ma non si cada nell’errore di non considerare anche Nunzio Falla e Mirko Caiazza. Sono molto timidi e normalmente preferiscono restare per loro scelta sempre un passo indietro, ma hanno entrambi una personalità assai spiccata e come Lucia sono liberi da ogni “feticismo dello schema”. Basta sentirli parlare per capirlo. Anche il dolore e la rabbia sono dati puramente biografici ... tutti e tre abbiamo sofferto e tutti e tre siamo stati, ognuno a suo modo, degli alienati. Non possiamo fingere di essere pesce se siamo carne al sangue.
Vi racconto un brevissimo aneddoto, funzionale, poi, ad una specifica domanda … ho fatto ascoltare il vs. cd ad un amico, particolarmente “enciclopedico” ma forse un po’ troppo esterofilo nei suoi “gusti” (you know who you are!) … la sua reazione è stata: “bravi, non sembrano neanche italiani …”. Arriveremo mai ad una completa “emancipazione” internazionale del rock tricolore? Credete che la vostra nazionalità possa rappresentare un ostacolo all’affermazione?
Intanto ringrazia il tuo amico da parte nostra! Per quanto riguarda il discorso sui circuiti rock internazionali riteniamo che l’Italia fatichi a emergere innanzitutto per difficoltà di “sistema” (il nostro è un Paese impegnato a sopravvivere, inevitabile che al momento non abbia la forza di esportare nulla), poi per un certo ristagno malsano dei generi che ne rallenta l’evoluzione e infine per una percentuale di disfattismo malsano che ci portiamo dentro come popolo e che finisce sempre per paralizzarci. Fino a quando non avremo risolto queste contraddizioni continueremo a restare indietro. E all’estero continueranno a stupirsi quando esprimiamo un livello assimilabile a quello dei nostri colleghi europei o americani.
I Betty Poison sono spesso paragonati agli Hole … per quanto mi riguarda una soluzione di “comodo” che ha comunque anche qualche importante fondamento … è una cosa che vi disturba o vi onora?
Non ci disturba nessuna associazione, anzi, ci affascina sempre il procedimento che porta un ascoltatore a definire la musica di una band paragonandola ad altre. Agli Hole ci hanno associato spesso, sia per via del fatto che siamo stati il loro opening act sia a Roma che a Milano, sia per la voce sporca della cantante e in generale per l’attitudine aggressiva della band. Gli album che ci hanno segnato di più sono sicuramente i primissimi, il cupissimo “Pretty on the inside”, prodotto da Kim Gordon dei Sonic Youth, e “Live through this”, pieno di graffiante malinconia grunge. Detto questo riteniamo di avere una nostra identità ben precisa e moltissime influenze. Ci piacciono tantissime cose che vanno dagli Stooges ai Fugazi passando per Nick Cave e Velvet Underground …
Rimanendo sul tema, come anticipato, nella vostra musica i collegamenti con il cosiddetto “foxcore” primigenio mi sono sembrati abbastanza evidenti … come vi ponete nei confronti di quel “movimento” e quali sono le band di maggiore importanza all’interno del vs. background musicale?
Troviamo il primissimo foxcore molto interessante, sia musicalmente che concettualmente. Fino a quel momento l’hardcore variamente declinato era stato un fenomeno esclusivamente maschile, il movimento delle “riot grrrls” ruppe in qualche modo un tabù e catapultò le cosiddette “vagine arrabbiate” su un palco, il che fu cosa buona e giusta. Ovviamente oggi riproporre gli stessi identici schemi degli anni novanta sarebbe sterile, le cose sono cambiate, lo stile si è evoluto e anche le provocazioni seguono un nuovo linguaggio. Musicalmente, a parte gli Hole, ci piacevano molto anche le Babes in Toyland e le L7, invece non abbiamo mai particolarmente digerito le Bikini Kill e per una ragione molto semplice: DETESTIAMO gli “urletti” e quel cantato femminile stridulo e lagnoso che oggi ha tanti tristi epigoni. Se una donna deve urlare … che siano ruggiti da leonessa, non versacci da gallina!
Mi accorgo solo ora che, arrivati a metà dell’intervista, non abbiamo ancora esaminato nel dettaglio “Beauty is over” … provvedo subito chiedendovi di raccontarci com’è nato, come operate per la stesura dei brani, come mai avete scelto d’intitolarlo e rappresentarlo, nel booklet, in questa maniera …
“Beauty is over” è nato dal nostro continuo bisogno di scrivere e arrangiare. “Poison for you” (il nostro primo full length) era uscito da pochissimo e già sentivamo l’esigenza di confrontarci con nuovi brani e nuove sfide, in primis quella di esprimere salti dinamici molto più esasperati che in passato. Ma la stessa cosa si è verificata anche dopo l’uscita di “Beauty is over”, siamo, infatti, già al lavoro su nuovo materiale … è una vena sempre aperta! Il tema del booklet è nato dal fascino che su di noi esercitano temi come l’umanizzazione della divinità e la divinizzazione dell’anomalia.
La mia preferita “Time” e poi ancora “Bad boy snuff toy”, “So raw”, “I do” e “You”, sono i brani che ritengo complessivamente più rappresentativi delle varie sfaccettature del disco e quindi della vs. attuale personalità artistica … vi va di approfondire brevemente il loro contenuto dal punto di vista lirico e musicale? Condividete queste selezioni?
La sai una cosa? Hai capito tutto dell’album, te lo diciamo sinceramente e ti facciamo i nostri complimenti. Hai citato brani che possono essere presi esattamente come simbolo di quasi tutte le influenze che compongono questo nostro ultimo lavoro. “Time” è dilatato, vagamente psichedelico e nello stesso tempo, quando esplode, molto violento e catartico, forse è il nostro preferito fra tutti quelli che abbiamo inciso, o di sicuro uno dei preferiti. Scherzando lo chiamiamo il nostro pezzo “Betty Floyd”. “Bad boy snuff toy” forse può essere assimilabile proprio ai primissimi Hole, quelli della vocazione più marcatamente noise di cui parlavamo prima. “So raw” è molto torbido, allusivo e “vizioso”... potremmo dire che è la nostra “Walk on the wild side”! “I do” è un fiume in piena, è arrivato correndo e non si è ancora fermato. “You” infine è un distillato di malinconie da carillon, una specie di ninna nanna che celebra la rinascita dopo la distruzione, la luce dopo il buio, la nascita dopo la morte. In parole povere è una canzone d’amore, ma non solo. Grazie infinite di averla notata. E’ un brano a cui teniamo molto.
Siamo arrivati agli inevitabili “progetti futuri” … quali sono le prospettive a breve termine dei Betty Poison, anche sotto il profilo live-shows, un settore dove siete particolarmente attivi? E come immaginate, in una visione un po’ più a lunga “gittata”, possa evolversi il vs. suono?
In questo momento stiamo organizzando un tour in Cina e giappone ma ancora è presto per lanciarlo ufficialmente. Diciamo che ci sono delle buone premesse. Incrociamo le dita. Quanto all’evoluzione del nostro suono direi che è parallela a quella delle nostre vite e del nostro gusto, anche se ci sono delle costanti che continuano a legare tra loro le diverse anime dei Betty. Come sempre l’ultima parola spetterà a voi!
Avete espresso in diverse occasioni la vostra ammirazione per i Luminal, ed è altrettanto evidente “l’affinità elettiva” tra i Betty Poison e i Pandora … c’è qualche altro nome che vi sentite di consigliare ai nostri lettori? Con quale gruppo vi piacerebbe collaborare?
Ci piacciono tantissimo anche i S.U.S. di Pistoia, con cui abbiamo già avuto il piacere di dividere il palco e in generale molti dei gruppi con cui ci capita di suonare riscuotono la nostra stima. In futuro ci piacerebbe collaborare con Texas Terri, con cui abbiamo ottimi rapporti. E’ una forza della natura e uno spirito libero, una vera icona dell’underground. Al momento vive a Berlino, dove capitiamo spesso. Chissà che non possa capitare presto!
In dirittura d’arrivo di questa chiacchierata vi chiedo di commentare la frase “fuori luogo, fuori tempo … sogni fuori fase, vivi nonostante tutto”, carpita sulla Rete e pronunciata dalla conturbante cantante di una valente alternative rock band di Frosinone :) …
Direi che siamo proprio noi! Ma è soltanto la cantante ad essere di Frosinone, i ragazzi sono entrambi siciliani e vivono a Roma.
Vi sentite artisti liberi?
Assolutamente sì, sotto tutti i punti di vista
Nel ringraziarvi nuovamente, rinnovando tutti i complimenti per il vs. lavoro, lascio come di consueto lo spazio finale dell’intervista ai vs. commenti …
Siamo noi a ringraziarvi nuovamente, le band esistono perché ci sono persone che le ascoltano e altre che ne parlano, concedendo loro uno spazio e un’attenzione che non sono mai scontati. E permettici di aggiungere che abbiamo notato nel circuito metal un’attenzione analitica anche nei confronti di altri generi e una freschezza e un’indipendenza di giudizio da cui molti dovrebbero imparare.
Intervista a cura di Marco Aimasso

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