Undici album in studio, due EP e altrettanti live. Sono questi i numeri che stanno alle spalle di
Evisceration Plague, nuovo parto dei Cannibal Corpse che si aggiunge all’interno dell’ormai ventennale carriera del gruppo, riconfermando l’inossidabile sodalizio stretto con la Metal Blade fin dall’uscita di Eaten Back to Life.
Rispetto al predecessore Kill, Evisceration Plague si contraddistingue per una ripartizione più calibrata del minutaggio tra brani veloci e tempi medi.
La formazione trapiantata a Tampa, infatti, alterna sfuriate veloci e brutali, in cui a dettar legge sono la coppia Fisher/Mazurkiewicz, con pezzi maggiormente cadenzati dove le chitarre di O'Brien e Barrett unite al basso di Webster, tessono una tela ritmico/solista morbosamente marcescente, che complice una produzione mai sopra le righe, rimanda romanticamente ai momenti più entusiasmanti del death metal, prima che tecnicismi fini a se stessi, trigger abusati e produzioni plastificate alla Rammstein mandassero a ramengo un genere intero.
Per nostra fortuna, anche nei momenti più vili dell’estremo, i cannibali non si sono mai abbandonati a nessuna deriva, mantenendo intatta la propria coerenza qualitativa riproposta, oggi, nelle dodici tracce di Evisceration, che in tanti scambieranno per l’ennesimo (nell’accezione più spregiativa del termine) disco dei Cannibal Corpse, senza comprendere che si tratta di death metal confezionato in ogni sua parte seguendo i migliori crismi del genere.