Dopo aver pubblicato tre album, i
Grave Digger vengono colti da un'insana e irrefrenabile voglia di cambiare.
Sonorità, look, le copertine truci e... anche il nome: via le tombe e resta solo un meno inquietante
Digger.
E non si fanno mancare nemmeno un importante cambiamento a livello di formazione, infatti, se ritroviamo, al fianco dell'immancabile
Chris Boltendahl, il batterista
Albert Eckardt ed il bassista
C.F. Brank, i nostri perdono per strada il chitarrista Peter Masson, che era nel gruppo sin dai loro primissimi demo, mentre non si scioglie il legame con la
Noise Records.
Se a mio parere già "War Games" era stato un mezzo passo falso, con "
Stronger than Ever" i
Digger vanno direttamente al tappeto. E il colpo del KO se lo infliggono da soli.
Come anticipato, sulla copertina in bella vista il nuovo moniker della band:
Digger, ma anche quell'improbabile Donal Duck che fa il verso a Terminator e che proprio non si può vedere. Ma soprattutto il gruppo tedesco lascia anche a casa quell'energia e la cattiveria che li hanno contraddistinti sin dagli esordi. Certo, nei loro dischi non sono mai mancati gli episodi melodici, ("Yesterday", "Love is a Game"...) ma qui cambio di direzione è incondizionato. Le prime battute di "
Wanna Get Close" mi fanno ancora adesso stringere le budella, sentire poi
Chris (nonostante si sforzi, la voce è sempre quella) alle prese di anonimi pezzi easy rock, cantare versi come ".
..out in the streets we're walking hand in hand " è ancora peggio. D'altra parte ritrovarsi a dire che la titletrack può avere come termine di paragone Brian Adams, è la testimonianza di come questo album sia un episodio unico nella storia del gruppo. E meno male!
Una nota di merito va comunque al nuovo entrato,
Uwe Lulis (ora negli Accept), che mostra sin da ora la sua bravura con la chitarra.
Alla resa dei conti, gli unici momenti in cui riemergono i vecchi Grave Digger li incrociamo su "
Lay It On", nel refrain di "
Moonriders" e soprattutto nella conclusiva "
Shadows of the Past", veloce e (finalmente) un po' grintosa.
Va infine ricordato anche il successivo passaggio alla nuova incarnazione come
Hawaii, sotto le cui insegne la coppia
Boltendahl & Lulis, accompagnata da una nuova sezione ritmica (Rainer Bandzus al basso e il batterista Jochen Börner) ha poi inciso nel 1989 il demo "Bottles and Four Coconuts", che li vedeva tornare alle sonorità originali e che fa da preludio al loro ritorno in pista come Grave Digger, anche perché praticamente tutte le canzoni di questo demo trovarono poi posto prima su "The Reaper" e poi sull'EP "Symphony of Death".
Indubbiamente un passo falso, eppure io la mia copia di "
Stronger than Ever" me la tengo comunque ben stretta.
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