I
Deviant Cult sono attualmente al lavoro sul loro secondo album, così ne approfittano per sottoporre alla nostra attenzione il loro esordio, autoprodotto ed autointitolato, risalente al 2006.
Le canzoni sfilano via con una buona alternanza tra passaggi violenti e melodici, e se scorrendo il booklet si potrebbe pensare a certe soluzioni malinconiche tipiche ad esempio dei Sentenced, i riferimenti musicali suonano decisamente più sporchi, con marcate influenze Thrash e, sebbene in maniera minore, anche Black Metal. Quello che affiora dall’opener "Revenge" è, infatti, il Thrash teutonico di gruppi come Destruction e sopratutto Kreator. Il riff di "The Fallen" è invece spiccatamente Doom, e comunque il brano non spinge molto sull'acceleratore, puntando piuttosto sui ritmi rallentati ed i toni cupi. Quasi se ne fossero pentiti, i Deviant Cult passano repentinamente ad una frontale e brutale "My Blood", cantata con ferocia ed addolcita, per un attimo, solo in fase solista. Il Death Metal di stampo scandinavo si fa largo sull'articolata "Burning The Flag" e sulle violente "Broken" (dal refrain più azzeccato del disco), "Death War Cult" e "As Heavy Black Rain", che soffrono più di altre una produzione poco dinamica e che purtroppo non riesce ad esaltare il drumming di Claudio Deiana e nemmeno la parti soliste dei due chitarristi, Giovanni Dal Fonso e Antonio Cherchi. Finale nelle mani della lunga (oltre gli otto minuti) "I Am Nothing" che si rincammina su sentieri già battuti con "The Fallen", dilatando, lacerando ed inasprendo un tessuto musicale dove si staglia l'ennesima convincente prova del cantante Fabio Melis.
Ad ogni modo, dato che i Deviant Cult sono arrivati velocemente a questo esordio (si sono formati ad Olbia solo nel 2005), ma anche per i risultati ottenuti in così poco tempo e la personalità messa in mostra, ci si possono aspettare davvero buone cose dal suo successore.
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