Un viaggio in macchina è stata l'occasione di riascoltare dopo un sacco di tempo -
troppo - "Mechanized Warfare", uno dei lavori più rappresentativi dei
Jag Panzer, storica formazione statunitense che l'anno scorso ha deciso di ritirarsi dalle scene.
Ricordavo di aver recensito questo disco ai tempi di
Metal.it mk I, e quindi sono andato a recuperarla.
Ancora oggi due brani come "Unworthy" e "All things Renewed" si confermano due piccoli capolavori, così come il break in crescendo di "Cold is the Blade", per un album che sa essere potente e vario come a ben pochi altri è riuscito.
Merito sopratutto delle capacità compositive e l'abilità negli arrangiamenti (fantastici a livello dei chorus) in possesso del gruppo, con Harry Conklin che non è il solo a rendersi autore di una prestazione stellare: lo sono pure Mark Briody e Chris Broderick alle chitarre e la sezione ritmica, il batterista Rikard Stjernquist e John Tetley al basso.
[... Nella loro carriera i
Jag Panzer hanno fatto due errori, due grossi errori!
Il primo fu sparire per anni dopo l'ottimo album di debutto "Ample Destruction" (ed eravamo nel 1984!), poi il secondo sbaglio lo hanno commesso dieci anni più tardi, rientrando sulle scene con "Dissident Alliance", quando una formazione rimaneggiata (soprattutto senza Harry "The Tyrant" Conklin alla voce) dava alla luce un album che non rappresentava appieno lo spirito originale dei Jag Panzer.
Lasciato tutto questo alle spalle e con il ritrovato Harry al microfono, i Jag Panzer si sono pienamente riscattati con quattro lavori, uno migliore del precedente, un'escalation che ha il culmine (per ora!) proprio con questo "Mechanized Warfare", meno epico e più grintoso del precedente "Thane to the Throne", certamente una delle migliori uscite in campo Power/Speeed Metal.
Grande l'impatto iniziale ad opera di "Take to the Sky", subito bissata dalla più aggressiva "Frozen In Fear". Con "Unworthy" si arriva ad uno dei top brani del CD, dove i Jag Panzer pagano dazio ai Maiden, e non solo per l'aver utilizzato dei cori gregoriani (sulla scia di "Sign of the Cross") ma anche per l'andamento generale del brano, anche se Harry sembra comunque ispirarsi più ad un Rob Halford che a Dickinson. Un trittico di brani eccezionale, devastante, che sottolinea come i Jag Panzer abbiano, quel che si dice, il pugno di ferro nel guanto di velluto, capacità che ribadiscono nella conclusiva "All Things Renewed". Ma l'aspetto "morbido" non è garantito solo dagli inserti di cori, archi, voci femminili (sempre azzeccati!), ma anche dalle linee melodiche del singer e dei due chitarristi.
Di alto livello anche tutti gli altri pezzi che completano l'album, come è ottima la produzione curata di Jim Morris, ecco perché ogni tanto mi venivano in mente gli Iced Earth (ad esempio su "Power Surge"). Ed i due gruppi statunitensi hanno in comune anche Travis Smith che ha curato entrambi gli artworks, anzi, le due bands sono accomunate anche dall'aver realizzato due degli albums più interessanti di questo 2001. … ]
The power within us stronger than any steel