Altro giro... altra corsa!
Quarto album per gli
Evil Masquerade, testimoniato dalla solita orribile copertina e dall'ennesimo cambiamento a livello di formazione, dato che dal precedente "Third Act" ritroviamo i soli Apollo Papathanasio (ex vocalist dei Time Requiem e Majestic, ora anche nei Firewind) ed il chitarrista Henrik Flyman, quest'ultimo ormai l'unico superstite della lineup originale, affiancati da una sezione ritmica esperta come quella composta da Johan Niemann e Daniel Flores (tra le tante collaborazioni al loro attivo, fanno entrambi parte dei Tears of Anger e dei Mind's Eye), nell'occasione accompagnati dall'ospite Tony Carey (ex Rainbow) alle tastiere.
Altro punto fermo (forse pure troppo...) è rappresentato dalla fede, cieca ed assoluta, nei confronti del Power Metal Neoclassico, tuttavia essendo oramai giunti all'album numero quattro sarebbe logico e lecito aspettarsi qualcosa in più di una mera riproposizione dei soliti schemi e cliché. Invece gli Evil Masquerade si limitano ad andare sul sicuro.
Qualche urlaccio sull'opener "Lights Out" o le ritmiche insistite di "In A Dungeon Close to Hell" e di "Powertools", infatti, non sono sufficienti a garantire agli Evil Masquerade l'auspicato salto di qualità, denunciando invece un'evidente mancanza di personalità. Già, e se non fosse per quei passaggi un po' schizzati "Hollow Soul" si piazzerebbe a cavallo tra Malmsteen ed i Rainbow, mentre se la drammatica (ma dispersiva e scombinata) "Desire And Pain" e la conclusiva "I Believe In Sin" non riescono a creare il pathos necessario, con "The Ultimate Game" gli Evil Masquerade sembrano quasi voler seguire l'esempio degli Astral Doors, che in questo "giochetto" (aggiornare e rendere più heavy il Rainbow sound) riescono molto meglio e, per quanto derivativi, con maggior personalità.
Sorry, ma più si va avanti e maggiori sono le aspettative...
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