Tanto curati nel look quanto sporchi e "viziosi" nel sound. Così si presentano i capitolini
Stick It Out al loro autointitolato album d'esordio, composto da una decina di brani originali ed un paio di covers, "Jack the Bastard" (dei glamster Faster Pussycat) e “Neat Neat Neat (dei The Damned).
Un bel riffone e poi via con "Marry the Swine" e "Dog's Friday Nite", interpretate con il giusto piglio dal cantante Freddie, ben sostenuto dai cori ed un po' meno da una resa sonora discreta ma non eccezionale e che toglie mordente alle canzoni. L'album scorre per questi stessi binari, o meglio lungo gli stessi boulevard già percorsi a suo tempo dalla triade Guns'n'Roses, Skid Row, Motley Crue.
Tocca quindi alla ruvida "SGT Lizzie", che però non mostra la stessa brillantezza che invece mettono della loro versione di "Jack The Bastard" dove, ovviamente oltre ai Faster Pussycat, palesano un chiaro debito con quei Guns'n'Roses che fanno poi capolino anche sulla più meditata "Slippin' Away". Una breve parentesi melodica che si chiude poi con l'arrivo di "I Wanna Be a Parasite Too", dell'altra cover, "Neat Neat Neat", del primo singolo dell'album, "Stop Teasin' Me" (un brano piuttosto heavy e pieno di groove caratterizzato da un refrain stridulo ma allo stesso tempo catchy) e della pulsante "Soakin' Wet Skin". A questo punto inciampiamo però in un finale poco convincente, composto dalla poco ispirata ballad "Touch", dalla punkettara e sgraziata "You S.U.C.K.", ed infine dall'acustica "Wooden Spoon" (ricorda vagamente certe cose dei D.A.D.) che segna la fine dell'album.
Una mano esterna, soprattutto se ben esperta, li potrebbe aiutare a lasciarsi alle spalle qualche ingenuità ed imperfezione ed a fare un ulteriore salto di qualità.
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