Lontani dal clamore ed anche dalla popolarità i tedeschi Zar giungono al non indifferente traguardo del quinto album, dopo un assoluto silenzio durato ben sette anni.
La band è stata riportata alla vita dalla determinazione del suo fondatore Tommy Clauss il quale, approfittando del periodo positivo per il rock melodico, ha rimesso insieme uno schieramento triangolare che comprende l’ottimo vocalist Andre Sauber ed il batterista Lars Nippa.
Il trio Germanico propone questo nuovo lavoro ancora una volta orientato sulle coordinate di un hard rock morbido e levigato, a tratti rivestito da una patina di sonorità metalliche sulla falsariga di Pretty Maids, Frontline, Million, dove la ricerca di armonie accattivanti ed orecchiabili, nitidezza e solarità dell’esecuzione, ritornelli e cori catchy ed atmosfere romantiche, si sposano a cenni di energia hard e ad alcuni intagli chitarristici più affilati dell’usuale repertorio Aor.
Per cui alle indispensabili ballate soffuse ed intime come “Hundred rivers”, la buona traccia blueseggiante e notturna “Waiting for the storm”, “Never so alone” slow radiofonico di maniera utile più che altro ad esaltare le doti di Sauber, si contrappongono episodi maggiormente dinamici come “Crying for love”, che richiama le cose più leggere del Michael Schenker Group o degli Uriah Heep, l’agrodolce title-track, fino ad arrivare al potente strumentale “Ni-ten” assai vicino al metal classico.
Purtroppo a completamento del lavoro troviamo canzoni molto meno interessanti, vedi “Evolution” rovinata da un coro tanto banale quanto insistente o la molliccia ambizione funkeggiante “Living for the city” o ancora la sdolcinata ed anonima “Why don’t you talk to me” e il tentativo d’imitazione Zeppeliniano “Schizophrenia”.
Nell’insieme nulla che non si sia già sentito mille volte ed anche nei brani migliori non individuo particolare ispirazione nel songwriting, tutto scorre senza lasciare ricordi memorabili pur se dignitosamente eseguito.
Né infamia né lode come spesso capita di questi tempi nei quali un disco non lo si nega a nessuno.
Gli Zar sono un gruppo di routine, limitato al proprio genere di appartenenza ed altrettanto limitato da uscite superiori per quanto riguarda questo settore.
Ritengo quindi che “Hard to the beat” possa interessare soltanto ai completisti incalliti del melodic-rock.
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