I
Sons of Seasons sono il progetto personale di
Oliver Palotai, noto ai più come tastierista dei
Kamelot, ma da sempre ottimo chitarrista e compositore. Approfittando di un breve periodo di pausa della band madre, il buon Oliver ha finalmente il tempo di dedicarsi alle sue composizioni, e così inizia a mettere su una band degna di questo nome. I volti noti non mancano, le special guests neanche, il buon Luca Princiotta ha purtroppo perso il posto di chitarrista a favore di un meno impegnato quanto misconosciuto Pepe Pierez, e così, dopo circa un anno di lavoro, eccovi servito il primo disco dei Sons of Seasons, a titolo
"Gods of Vermin".
Ringraziando sentitamente la Napalm per il
voice-over schifoso e indisponente, cerco di guidarvi all'interno di questo lavoro.
La copertina e lo stesso titolo del disco ci portano in una dimensione inquietante, un filo spaventevole, atmosfera che ritroveremo spesso all'interno delle 12 tracce di questo lavoro. La proposta musicale si attesta su un heavy metal molto variegato, tendente al power ma con frequenti digressioni metal_prog e sinfoniche, cosa abbastanza naturale vista la line-up. Le parti vocali, prese in carico dal buon
Henning Basse (Metalium) sono molto eterogenee, spaziando da un classico cantato potente e su tonalità acute, a growls cattivissime, a parti morbide ed intrecciate con le vocals di
Simone Simons, cantante degli Epica, special guest, protagonista della copertina, co-autrice di due canzoni nonché fidanzata dello stesso Palotai! Troppo facile....
Il problema di
"Gods of Vermin", però, risiede proprio nella eccessiva eterogeneità della proposta, che a volte ti lascia con la sensazione che i pezzi in realtà non vadano da nessuna parte. Temo molto per la longevità di un lavoro come questo, che è sicuramente di ottima fattura ma che pecca, secondo il mio parere, di quel guizzo compositivo che potrebbe garantirgli di essere ricordato più di 10 minuti dopo essere stato ascoltato.
Apprezzo molto lo sforzo diOliver di creare un gruppo dall'identità ben definita, ma spesso il troppo divagare inevitabilmente porta ad una generale distrazione dall'obiettivo specifico. Insomma, in parole povere "Gods of Vermin" è un buon disco, ma non gli faranno un mezzobusto in piazza. Aspettiamo i Sons of Seasons all'eventuale capitolo due, se mai la band avrà il tempo di continuare e sviluppare ulteriormente le idee e l'incredibile dotazione artistica contenuta nel progetto. Se son rose, fioriranno.
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