Il ritrovato interesse di pubblico e mercato nei confronti del death metal vecchia maniera ha finito per contagiare anche gli
Asphyx.
Gli olandesi capitanati da
Martin Van Drunen (sicuramente più famoso per la sua militanza nei
Pestilence) rompono il silenzio quasi decennale che ha scandito il tempo trascorso dal precedente
On The Wings Of Inferno pubblicando una nuova raccolta d’inediti per Century Media.
La traccia in anteprima presente sul Myspace del gruppo, e il precedente roll out di Van Drunen con l’osannato quanto per me deludente esordio degli
Hail Of Bullets, mi avevano posto in un’ottica piuttosto disinteressata, a tratti diffidente, nei confronti di quest’uscita, che alla prova dei fatti si è però mostrata più valida di quanto attendessi.
Death... The Brutal Way, pur non essendo uno di quei ritorni che fa gridare al miracolo, è un album che tranquillamente riesce a trovare posto all’interno di un momento particolarmente florido per il death europeo (che fondamentalmente ruota attorno all’asse di Stoccolma) senza sfigurare di fronte ai grossi calibri che hanno aperto il fuoco nel corso dell’anno passato.
Lo stesso giudizio vale se si guarda al nuovo disco in funzione della carriera della formazione, che per forza di cose ha sparato i colpi migliori agli esordi, senza tuttavia mandare mai il proprio marchio a ramengo come tanti altri hanno fatto.
In questo senso il titolo assegnato all’album è quanto mai azzeccato, gli Asphyx risultano, infatti, ben ancorati alla strada brutale che percorrono dal ’91, poiché nel 2009 non mostrano l’intenzione di darsi a qualcosa di diverso da quel death metal con profonde venature doom (mai come nel loro caso è corretto parlare di tipicità della ritmica cadenzata, del cambio di tempo che cattura l’attenzione spezzando il ritmo quando meno te lo aspetti) che li caratterizza univocamente dall’uscita di
The Rack ed è passato indenne anche ai numerosi cambi di formazione che il gruppo ha subito. Allo stato attuale delle cose, i membri presenti fin dagli esordi sono soltanto il già citato
Van Drunen e
Bagchus alla batteria.
In chiusura, una considerazione sui suoni con cui si manifesta il ritorno degli Asphyx. E’ chiaro come il sole che lo standard sia stato fissato entro i canoni di
Of Frost And War, va quindi da se che il sottoscritto avrebbe preferito qualcosa di meglio, anzi di diverso, sicuramente meno “saturo”, ma considerando che sono giunto gagliardamente indenne al terzo ascolto filato del disco mi posso anche accontentare.