Secondo full-lenght in ben dieci anni di attività per i brutal deathsters svizzeri
Cropment, giovane band che con il loro
"Spiral of Violence" aveva indubbiamente dimostrato delle ottime potenzialità ed un'ottima tecnica esecutiva, ma anche molti difetti, come la scarsa personalità e l'estrema omogeneità del platter e, forse per questo motivo, il gruppo fu decisamente snobbato anche dagli appassionati dell'underground estremo più marcio.
Ci riprovano dunque, dopo cinque anni, a farsi un nome e a divulgare la loro proposta. Ma ci sono riusciti?
Sì e no.Il passo in avanti è stato fatto, su questo non ci piove. Lo stile è rimasto invariato: brutal death dai ritmi forsennati inframmezzato dai tipici stacchi cadenzati, ormai stilema del genere (grossomodo, la stessa proposta di Decrepit Birth, Deeds of Flesh e Severed Savior, per fare degli esempi). La crescita del gruppo risiede, invece, nella maggiore convinzione nei propri mezzi: ecco quindi che "Dead Soil" si presenta come un album decisamente più sfaccettato e ricco di spunti del suo predecessore.
Questo ed una produzione evidentemente più limpida e più adatta al genere proposto aiutano i Cropment a distaccarsi dalla pallida mediocrità del loro debut, ma ancora manca quel qualcosa, quella scintilla, quell'incentivo che faccia scattare nella mente il desiderio di ascoltare e riascoltare questo album.
Ad ogni modo, "Dead Soil" rimane un buon album che sicuramente sarà apprezzato da tutti gli amanti del genere. Vedremo sei i Cropment sapranno riconfermarsi e, soprattutto, migliorarsi.
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