Se ricordate
Xecutioner's Return non avrete problemi a farvi un’idea delle coordinate sonore entro cui si muove il nuovo parto degli
Obituary.
Darkest Day, infatti, prosegue coscienziosamente sulla strada tracciata due anni or sono dal proprio predecessore, ripresentando tutto il campionario compositivo che avevamo conosciuto nel 2007 e che fondamentalmente si realizzava in un dinamismo dei pezzi ridotto all’osso, in cui il tempo medio la faceva da padrone venendo spezzato solamente dalle incursioni soliste (spesso un po’ fuori posto) del neo assunto Santolla.
A distanza di due anni nulla è cambiato, fatta eccezione per il sopra citato funambolo, la cui opera, in quest’occasione, è certamente più contestualizzata rispetto al recente passato.
Dunque, tutto ok? Purtroppo no.
Il corretto posizionamento di Santolla, elimina l’unico capro espiatorio che si poteva chiamare in causa per giustificare la mancanza di coinvolgimento che anche questa nuova uscita degli Obituary patisce lungo tutto il suo incedere, reso ulteriormente mastodontico da un minutaggio eccessivamente esteso considerata la scarsa caratura di ogni pezzo e soprattutto la mancanza di ritmiche volte a spezzare tempi che vengono inevitabilmente a noia quando si arriva a metà dei brani in scaletta. In mezzo a tutta questa “stanchezza” nemmeno la consueta prova di qualità di John o i suoni alla vecchia maniera riescono a strappare un’emozione che in musica dovrebbe essere tutto, a prescindere che si abbia a che fare con un pezzo strappa mutande piuttosto che una sinfonia sulle gioie della mutilazione corporale.
Obituary rimandati a settembre, dunque, ma solo per ragioni “affettive”, perché dopo due album così sotto tono, raziocinio vorrebbe che si ponesse una bella pietra tombale anche sul loro nome.
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