Stimolato da alcuni recenti post da parte del loro ex tastierista, Alessandro Muscio, sono andato a recuperare dai polverosi archivi di Metal.it le mie recensioni dei primi due album degli Highlord, risalenti a più di quindici anni fa... [ ... Il precedente album di debutto degli
Highlord, dal titolo "Heir of Power", nonostante alcune comprensibili pecche, non mi era dispiaciuto. Il nuovo "
When the Aurora Falls..." mi ha invece pienamente convinto, sarebbe sufficiente affermare che contiene uno dei pezzi più belli che ho ascoltato negli ultimi tempi: "
Tears of Darkness". Ma partiamo dall'inizio: lo strumentale che dà il titolo all'album, è incentrato sul lavoro di tastiera del bravo
Alessandro e si pone a metà strada tra lo stile di Jens Johansonn ed alcuni momenti alla Simonetti, e già da questo breve pezzo si nota come la produzione riesca ad esaltare i brani. Dalle prime battute di "
Don't Kill Me Again" si evince come anche
Vascè abbia fatto enormi progressi rispetto al passato, infatti, riesce a sfruttare al meglio l'ottima voce di cui è dotato.
Sinora la musica non si distacca molto da quando proposto nel debutto, e si sente l'influenza di Malmsteen, Stratovarius, e sopratutto a livello vocale, degli Helloween era Kiske. Sulla stessa lunghezza d'onda metterei anche la seguente "
Frozen Heaven", più sinfonica e melodica della precedente e arricchita da un bel coro. Le prime novità le apporta "
We Are Gods" che dopo un intro neoclassico si apre su un riff che non può non ricordare "The Final Countdown" degli Europe. A dispetto del titolo non ci si nuove su temi "defender alla Manowar" ma il testo mostra aspetti più profondi, come d'altronde
Stefano aveva confermato nella recente intervista rilasciata a Metal.it.
Ma troppi brani si frappongono ancora tra noi e l'highlight del CD! Ecco "
All I Want" che viaggia su ritmi più veloci, (in alcune battute mi ricorda, non so nemmeno perché, i Loudness) e subito dopo la classicheggiante ballad "
Again" dove fa la sua apparizione un bel piano che assieme al cantato monopolizza il brano, senza scordarsi di
Stefano che si segnala alla chitarra acustica, e visto che sono in vena di complimenti, se li meritano anche
Diego (al basso) ed il batterista
Luca, che seppur entrato da poco nella formazione e con poca esperienza alle spalle, è autore di una buona prova alla batteria. Seguono due trai migliori brani dell'album, "
Perpetual Fury" e "
Le Rouge et le Noir". La prima è un brano potente (beh.. lo si capiva dal titolo!) dalle decise aperture neoclassiche e momenti più sinfonici (Stratovarius meets Rhapsody), un pezzo che non molla mai il tiro, dove
Stefano si mette nuovamente in gran evidenza. "
Le Rouge et le Noir" fortunatamente non è dedicata a nessuna squadra di calcio (beh.. lo si poteva pensare dal titolo!), ma si tratta di un pezzo, penso, autobiografico, che si muove su territori spiccatamente
helloweeniani (con l'aggiunta della sempre valida tastiera di
Alessandro). Siamo finalmente giunti a "
Tears of Darkness", che
Vascè e soci interpretano in maniera superba, una canzone che parla di vampiri senza risultare pacchiana, anzi l'uso di una seconda voce più "grezza" aumenta l'atmosfera darkeggiante e drammatica, presente nel pezzo. Difficile entrare nei dettagli di questa canzone, ci sarebbe troppo da dire, e mi limito ad invitarvi (obbligarvi anzi) ad ascoltarla. In chiusura ecco ancora "
You'll Never Be Lonely", un lento acustico troppo scolastico, certo che venir subito dopo "
Tears of Darkness." è penalizzante.
Ok, è finita... evvai con la numero "9"!!
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