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socio-ecologico, dove “Hoka hey”, il famoso grido di battaglia dei guerrieri Lakota-Sioux, diventa l’esortazione a combattere per i propri diritti e la propria vita contro le assurdità distruttive del progresso, esce per la Metal Master nel 1989 il secondo disco dei
Sabotage, ribattezzatisi per l’occasione
Acts Of Sabotage, nel tentativo di eludere possibili ambiguità e di conquistare una distribuzione statunitense (la Metal Blade, proprio per questa ragione, qualche tempo prima aveva proposto loro, come clausola aggiuntiva ad un contratto poi rifiutato per le sfavorevoli condizioni, anche un cambio di monicker).
A mio modo di vedere il platter non è affatto inferiore al giustamente incensato “Behind the lines”, anzi, direi proprio che in questo caso i fiorentini erano riusciti ad aggiungere una notevole dose d’originalità “supplementare” al loro suono, che diventava sempre più duttile e mutevole, senza perdere una stilla della sua tipica forza d’urto.
Eppure questo lavoro all’epoca ottenne un’accoglienza piuttosto “tiepida” da parte d’aficionados probabilmente non troppo “predisposti” ai cambiamenti (seppur assolutamente lontani da una qualsivoglia forma di “tradimento”), mentre il resto del pubblico di settore era verosimilmente distratto dalla solita esterofilia.
Fortunatamente continua la preziosa opera di “educazione musicale” divulgata dalla My Graveyard Productions, la quale offre, in forma rimasterizzata, la possibilità a tutto il popolo metallico, nel frattempo diventato (ehm, … speriamo …) più maturo e obiettivo, di recuperare o eventualmente rivalutare una serie di variegate situazioni espressive in cui il primo da applaudire è il funambolico Morby, capace di modulare a piacimento le sue flessuose code vocali, che diventano all’occorrenza epiche, tenebrose, tragiche e tiranniche, assecondando le articolate architetture armoniche organizzate dagli altri formidabili membri di questa sempre più coesa e agguerrita tribù.
Si parte senza indugi con la potente “Hot zone”, che alterna andature vertiginose a momenti anthemici con la forza dei riffs di chitarra e di strutture al limite del thrash, seguita da una “The swindle” anch’essa possente e veloce, ma con una linea melodica più “subdola” e cangiante, mentre la title-track conquista senza scampo con le sue sorprendenti cadenze spezzate e un refrain perfetto per le frequentazioni da “sotto palco”.
“I believed” rappresenta un momento di splendida tregua drammatica dopo tanta “fisicità” e la sua ambientazione enfatica non può che cagionare brividi d’approvazione, gli stessi che ritroviamo nell’eccellente trasposizione della mitica “Paranoid”, impreziosita da un’introduzione “rubata” a “Children of the grave” e poi trasfigurata da veementi accelerazioni (un trattamento, se non ricordo male, non proprio benaccolto da qualche “purista”) e caratterizzata da un Morby in grande spolvero.
Ancora squarci di speed / techno-thrash non dozzinale nelle trascinanti “I will sing” e “It’s time”, ma è con “Joy ‘n’ sorrow” che i Sabotage riescono a piazzare uno dei loro colpi più inattesi e risolutivi: avviato e intarsiato dal tetro organo della leggenda italica del dark-sound Paul Chain, il brano si dipana con le sembianze di un iridescente salmo doom-metal dall’irresistibile carica di suggestione.
Con la discreta “Anguish”, a tratti fin troppo affine alle modalità espressive dei Queensryche, si chiudeva il programma originale dell’opera, ma l’etichetta bresciana decide di accrescere ulteriormente il valore di questa riedizione, implementandola con due eccellenti bonus tracks: “The price”, brano inedito dal gusto “classico” e “antico” (compresa una certa immaturità di suoni ed esecuzione) e la splendida “Welcome”, in origine edita nel 1987 dalla gloriosa Minotauro su un 12” Ep condiviso (a costituire una novità nel nostro metal-rama del periodo) con il maestro Paul Chain (presente con la superba “King of the dream”) e qui ripresa in tutta la sua luminosità fatta di repentini cambiamenti di ritmo e di tangibile pathos, antesignani di quello che poi sarebbe successo proprio in “Hoka hey”.
Se l’acquisto della ristampa di “Behind the lines” è un irrinunciabile impiego di denaro privo di controindicazioni, quello di “Hoka hey” non è affatto da meno … per questo ne consiglierei, magari, un’acquisizione congiunta, certo che si tratterà di un “pacchetto d’investimento” fruttante, per una volta, generosi rendimenti.
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