Sinceramente non saprei dare una definizione precisa della musica suonata da questi ragazzi. Lascio volentieri agli ascoltatori – qualora essi ne dovessero avere - quest’incombenza. A me, sinceramente, i primi brani del cd ricordano vagamente i Dead Kennedys, o comunque certo hard core americano impegnato dei primi anni 80. Né le influenze dei nostri si fermano a questo. C’è veramente un po’ di tutto in questo “Burn, Piano Island Burn”. Un disco di “crossover –core”, tanto per coniare un neologismo, o di “experimental – modernjazz – brutalcore”; e qui mi fermo per non degenerare nello sparare cazzate. In ogni caso un fatto è certo: i ragazzi suonano molto professionalmente e sembrano avere le idee chiare, pur se le confondono al sottoscritto. Ma è altrettanto certo che a me non piacciono. Dite quello che vi pare, ma a me non basta affatto ascoltare suoni duri, chitarre spiegate e frame di batteria singhiozzante e spezzata. Va bene John Zorn, ma non tutti sono dei geni del par suo. Quanto poi alla voce del cantante, mah. Jordan Billie (questo il suo nome) quanto ad urlare urla, ed è anche piuttosto straziante. Cosa avrà poi da strepitare così tanto, lo sa la madonna. Io, per quanto mi riguarda, aspetto ancora un po’ e poi cambio disco. I miei gusti musicali non sono ancora così evoluti da permettermi di sopportare a lungo la musica dei Blood Brothers. Voto: un bel punto interrogativo. Ripeto, mi arrendo di fronte a ciò che non riesco a comprendere. Da fare recensire a Mike Patton. Che li stronchi lui.
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