Non so se sarei mai arrivato a chiamarlo la
nuova definizione del Boston hardcore, come fa la prestigiosa Bridge Nine nella scheda promozionale del disco, ma è innegabile che “Better ways to die”, la quarta (se non erro) prova sulla lunga distanza dei
Death Before Dishonor è davvero un buon album di HC-punk metallizzato, corposo, coinvolgente e potente.
A dispetto di una lavorazione a quanto pare non proprio “tranquilla” (cambi di line-up, problemini di natura organizzativa), il nuovo lavoro dei Bostoniani riesce ad amalgamare assai bene tutti i suoi elementi costitutivi e le influenze che lo caratterizzano, risultando alla fine come un ottimo prodotto, aggressivo e melodico, caustico e “proletario”, ricco di cori anthemici (tra i più trascinanti del settore!), tempi veloci, stacchi mozzafiato e geometrie metalliche, in una capace miscellanea di Rancid, Dropkick Murphys, Hatebreed, Madball, Agnostic Front, Cro-Mags e Slayer.
Sono proprio la “varietà” e il gusto con cui viene saggiamente accostato il “vecchio” al “nuovo”, le carte vincenti di questi ventiquattro minuti di musica piuttosto avvincente, in grado di conquistare sia i fan dell’old-school, sia i sostenitori del genere meno legati alla sua “gloriosa” tradizione, grazie ad un equilibrio compositivo che scongiura allo stesso tempo gratuite staticità e progressioni troppo “temerarie” e snaturanti.
Bravo il cantante Bryan Harris a mantenere la sua voce infuocata e corrosiva senza perdere mai di vista una certa “affabilità” armonica nel timbro e molto lucidi i suoi compagni d’avventura nel giostrare con abilità strutture musicali sempre intense e appassionate, in cui la componente metal (espressa anche sotto forma di brevi assoli) appare abbastanza canonica e tuttavia assolutamente funzionale alla buona riuscita del risultato finale.
Sottolineando, infine, la pregevole produzione di Jim Siegel, non mi resta che consigliarvi questi fieri, maturi e preparati
figli del Massachussets.
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