Torna il progetto che
Chris Lausmann e
Michael Voss, veterani della scena hard melodica europea, hanno voluto riservare alle migliori “
Voci del Rock”, che questa volta appartengono, solo per citare le più famose, a Tony Martin, Joe Lynn Turner, Paul Shortino, Rob Rock, Tony Mills, David Reece e Paul Sabu, variando completamente, rispetto al primo episodio, il cast dei vocalist coinvolti ed ottenendo così, facendo “l’inventario” del personale di entrambi i dischi, un autentico Gran Gala celebrativo della fonazione modulata.
Difficile resistere al fascino di tali operazioni anche se, come di consueto, rimane qualche dubbio “etico” sull’effettivo grado di “coinvolgimento” di così tante celebrità “radunate sotto lo stesso tetto”.
In questo caso, perlomeno, non ci sono “inganni” di sorta, lo scopo è chiaro, il gioco è piuttosto scoperto e non si cerca di farci credere, come accade talvolta, che questa non è una situazione “studiata”, ma bensì il risultato di una “impellente” voglia di fare musica assieme.
Forti di tale consapevolezza e del fatto che tecnicamente non avremo, tenuto conto della caratura dei personaggi presenti, esagerate brutte sorprese, non resta che valutare il vero “ago della bilancia”: il livello delle canzoni
Come già accaduto in “MMVII”, “High & mighty” non manca né di coerenza né d’equilibrio stilistico, alternando saggiamente vigore e melodia, e questo non può che essere un fatto lodevole nella gestione di così tanti eccelsi big impegnati a scambiarsi il microfono, ma forse anche proprio perché questa gente è talmente preparata da riuscire a nascondere ogni eventuale “svogliatezza” dietro la propria esperienza e dietro le brillanti prerogative timbriche a sua disposizione, si rimane un po’ delusi da un songwriting che non sfrutta appieno la grande occasione che gli viene offerta.
Questo non significa che si possa rimanere impassibili di fronte all’incedere di “Into the light” (dove Tony Martin ricorda a tutti il perché fu scelto per sostituire un certo R.J. Dio – per essere precisi forse bisognerebbe dire che sostituì Glenn Hughes, però ci siamo capiti …), non apprezzare la bella “Shame on you” (egregiamente cantata da Bert Heerink, ex singer dei Vandenberg, pronto ad un imminente debutto solista), riuscire ad evitare che l’anthemica “Rock me” s’insinui nei sensi (sempre bravo Paul Shortino), non essere conquistati dall’avvincente “Down the drain” (con un Paul Sabu in ottima forma!) o ancora non trovare motivi di soddisfazione emotiva nella virile ballata “Remember me” (è Rob Rock a chiedervi di essere ricordato, non uno qualunque …), nella brillante armonia “adulta di “Only 4 ever” (pilotata ad arte dall’ex-Skagarack Torben Schmidt) e nella viziosa “Dirty games” (accesa dall’ugola vibrante dell’ex Accept / Bangalore Choir David Reece), eppure, nonostante tutta questa bella “robetta” non mi sento di affermare che il Cd sarebbe stato in grado di brillare di luce propria anche senza lo sfolgorio adescante emesso da tutte queste stelle di prima grandezza.
Grazie alla loro presenza possiamo, dunque, parlare di un album che è qualcosina di più di un lavoro di prestigiosa “routine” e che non è ancora un gran disco in grado di aspirare a posizioni d’assoluto rilievo artistico. Partecipare a questa “festa”, è, malgrado tutto, abbastanza soddisfacente e sono già assai curioso di sapere quali saranno i protagonisti della sua prossima edizione.
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