Prendete i Pink Floyd di “Atom Heart Mother”, un pò di U2 vecchia maniera, i Transatlantic di Neal Morse, mescolateli con un pò di malinconia tutta norvegese.... ed eccovi serviti gli
Airbag.
Band dal nome poco personale (solo per beccare il myspace giusto mi sono dovuto imbattere in una marea di gruppi omonimi, quasi tutti tendenti al punk!), questi 5 giovani norvegesi danno alle stampe un primo album pretenzioso, già maturo nel songwriting e curatissimo a livello sonoro: samples si mescolano a strumenti "veri", il tutto al servizio di un'alchimia musicale rara, delicata, morbida eppur dolorosa, nel suo ricordarci che cenere siamo, e cenere ritorneremo.
Una "
Prelude" che più Waters/Gilmour non si può, e poi si entra nel vivo: "
No Escape" sa di Neal Morse e di SMTPe, "
Safe Like You" sussurra morbida e sorniona come un gatto sonnecchiante sulle vostre ginocchia; "
Steal my soul" vi colpirà col suo incedere lento, triste e riflessivo, "The Final Cut" è dietro l’angolo… “
Feeling Less” rispolvera finalmente un mid-tempo, e la trovo assolutamente deliziosa nel saper catturare con la sua melodia agrodolce, piccolo monumento di marzapane alla gioia che fu, al naturale finire di tutte le cose.
La lunga “
Colours” ha il destino nel nome: tanti diversi colori per una mini-suite che sa di tutto e di niente, come dei Beatles tristi ma nella loro miglior vena compositiva; “
How I Wanna Be” e la conclusiva “
Sound that I Hear” confermano quanto già ascoltato, e non spostano l’orizzonte sonoro di un disco prog sì, ma metal neanche per sogno; delicato, malinconico, “norvegese” nel senso geografico del termine, “
Identity” sorprende per la maturità e la fiducia nelle proprie idee che dimostrano questi giovani Airbag, una band che mi ha spiazzato, sorpreso, commosso, conquistato.
Progghettoni, smanettoni, amanti dei solos di 5 minuti e 3000 note, adoratori di Dream Theater e compagnia circense, state alla larga da questo disco: qui si respira sottile aria di poesia, qui si accarezza il velo dei sogni che un sussurro potrebbe mandare in frantumi. Un album difficile da ascoltare, poco immediato, ma proprio per questo prezioso, nel suo morbido bisbigliarti che la vita scorre, tutto muore e rinasce, ed una lacrima versata sarà rugiada per un fiore che domani, forse, sboccierà. Ascoltatelo piano.