“The sleep of the reason” è il primo full length per i liguri
Necromid, alle prese con un death melodico infarcito di metalcore che, sinceramente, non si regge proprio più. Milioni i gruppi, infatti, che negli ultimi anni hanno partorito album del genere, e risultare convincenti è ovviamente un’impresa sempre più complicata. I Necromid ci riescono solo in parte, in quanto il lavoro dei due chitarristi Gionata Giribaldi (fondatore del gruppo insieme al drummer Krysian Tallone) e Luca Bertoni risulta vario e in più parti dell’album anche particolarmente ispirato. Ma non basta a risollevare le sorti di un disco tutto sommato scialbo, che non presenta punti di spicco, e a lungo andare risulta troppo uguale a se stesso. I brani, presi singolarmente, sono certamente vari, a volte anche troppo, tanto da risultare un tantino dispersivi durante l’ascolto, ma sono al tempo stesso anche troppo simili tra loro, e fanno quindi sopraggiungere un certo senso di noia dopo il quarto/quinto pezzo. Se a tutto ciò aggiungiamo una registrazione decisamente troppo amatoriale per un full length, pur se autoprodotto, le cose precipitano alquanto. Ripeto, buoni spunti ci sono, e provengono quasi interamente dal lavoro delle due asce, mentre la sezione ritmica non sempre è all’altezza dei numerosi cambi di tempo presenti nelle songs, in quanto pur essendo tecnicamente preparata non è particolarmente fantasiosa come dovrebbe. Così come la voce, che per quanto vari tra parti urlate tipicamente deathcore e parti pulite, risulta troppo piatta per apportare qualcosa di veramente valido per la riuscita dei brani. Non voglio risultare troppo cattivo e demolire del tutto il lavoro dei Necromid, ma, come detto in apertura di recensione, hanno fatto una scelta al momento particolarmente difficile decidendo di suonare un genere dove tutto è stato detto, e in maniera decisamente migliore, quindi per cercare di emergere dalla massa e metter su un cd degno di nota devono lavorare molto più sodo. E dico questo in maniera costruttiva, perché durante l’ascolto di “The sleep of the reason” appare evidente che le doti per fare molto di meglio ce le hanno tutte. Per concludere, e per dovere di cronaca, vi dico che i brani viaggiano a cavallo di sonorità dedite in parti uguali al già citato metalcore, e a band quali Dark Tranquillity e Soilwork, di sicuro uno dei punti di riferimenti maggiori del factotum Giribaldi (ascoltate le sue aperture melodiche e capirete di cosa sto parlando…). Chiude l’album una simpatica cover del classico di Elvis Presley “Can’t help falling in love”, stravolta e quasi stuprata dalla vena death del gruppo…
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