Non c’è proprio da fidarsi dei musicisti rock. E non lo pensano solo i genitori delle adolescenti che istintivamente sono portati ad osteggiare qualunque forma di rapporto tra le loro bambine e questa brutta gente (una faccenda, in realtà, probabilmente più da anni settanta-ottanta, comunque perfetta, come vedremo, per commentare un disco come questo!), ma anche chi da sempre è irrimediabilmente innamorato della straordinaria arte che molti di loro sono in grado di elargire.
Prendete i Kiss. Hanno abiurato per anni quei costumi che tanto avevano contribuito alla costruzione del loro mito e quando meno te lo aspetti li ritirano fuori dei bauli per strabilianti esibizioni, hanno dichiarato in varie occasioni che non avrebbero più pubblicato nuovo materiale in studio sia perché nei gusti del pubblico la “storia” difficilmente può efficacemente competere con il “presente”, sia a causa dell’odiata pratica del file-sharing, e poi cosa ti combinano? Pubblicano un disco d’inediti come “Sonic boom”, fieramente definito come una sorta di confessionale, il momento in cui ti guardi allo specchio e devi fare i conti con te stesso, cercando di essere il migliore possibile e decretando, di fatto, l’ennesima rinascita di una delle più popolari hard-rock band di tutti i tempi.
Altre dichiarazioni ancor più impegnative e reboanti, (i Kiss non sono mai stati più in forma. Sapevo che sarebbero stati capaci di fare qualcosa di molto molto speciale, qualcosa che avrebbe ridefinito il lascito dei Kiss. Questo non è il 'nuovo dei Kiss' - è un classico dei Kiss! – Paul Stanley; Voi volevate il meglio, voi avete avuto il meglio, la band più grande del mondo, i Kiss! Magari una parte di questo discorso è auto-celebrativo: sì, siamo i più grandi e i più cattivi! - Gene Simmons), tipiche di queste situazioni e di questi personaggi che comunque, conoscendo altresì precisamente le regole e i “trucchi” del mercato, hanno sempre una parolina di riguardo per i loro fans, (I fans sono il nostro capo. L'amore che abbiamo per i nostri fans va al di là di ogni parola – Gene Simmons), hanno adeguatamente contribuito ad aumentare l’attesa per l’uscita del Cd, ma è soprattutto l’annunciato ritorno ad un approccio alla “vecchia maniera”, alla logica del fai quello che fai perché ti piace farlo (la frase è ancora di Simmons) ad ingolosire in maniera particolare tutti i loro fedeli sostenitori.
Ebbene, “Sonic boom” appare, effettivamente, un lavoro di schietto, diretto, torrenziale e coinvolgente hard rock ‘n’ roll di marca seventies / eighties, un crogiolo di testosterone, ruffianeria, energia e teatralità, espressa attraverso cori enormi, epici ritornelli, vibranti assoli, riffs trainanti e un pizzico di quel “simpatico” maschilismo che da sempre condisce le ricette musicali del Bacio americano.
Ciò assodato, da qui in avanti si potrebbe discutere per ore sul contenuto dell’albo, dissertando lungamente su pezzi che spesso rielaborano sagacemente strutture e linee armoniche di alcuni dei loro celebri antenati (la favolosa “I’m an animal” non ricorda un po’ l’incedere di “God of thunder”, di “Rock and roll hell” o di “Unholy”? “Stand” non rammenta qualcosa di “God gave rock and roll to you”? “Never enough” e “Yes I know (nobody’s perfect)”, non sarebbero state idonee per apparire su “Love gun”? “Danger us” non riprende le atmosfere di “Rock and roll over”? Lo stesso singolo “Modern day Delilah” non sembra uscito dalle sessions di “Creatures of the night”? …) oppure su quanto possa essere coinvolgente la “semplicità” di un anthem quando è fatto con classe e dovizia (“Russian roulette”, “Say yeah”, “Hot and cold”, con un Gene Simmons che intona con naturalezza un “If it’s too loud, you’re too old”, da giudicare vagamente “fuori luogo” per molti dei suoi coetanei!), ma quello che è veramente importante è il sancire che quella espressa in “Sonic boom” è una formula “classica” rigenerata con i colori lussureggianti dell’entusiasmo di una band apparentemente assai coesa e fortemente motivata, dove tutti contribuiscono alla “causa superiore” (Tommy Thayer, perfettamente integrato nell’arduo ruolo di “nuovo Ace Frehley” ed Eric Singer si concedono addirittura una proficua apparizione al microfono, in “When lightning strikes” e nell’irresistibile “All for the glory”, rispettivamente), senza soverchie priorità gerarchiche.
I Kiss del 2009 sono, dunque, ancora dei modelli credibili e sono in grado di riproporsi come autorevoli contendenti di un “trono” di settore che li ha visti per molto tempo assidui frequentatori.
Qualche volta il fatto di non essere affidabili non è poi un gran difetto, almeno se di mezzo c’è una storia come questa …una vicenda shockante, divertente, spensierata, guascona, scaltra, avvincente, a volte controversa, eppure costantemente carismatica e affascinante, tanto da indurci ad essere completamente d’accordo con Paul Stanley quando afferma che I Kiss sono qualcosa di unico e senza età. Non c'è niente come i Kiss – ci sono solo i Kiss.