Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2009
Durata:31 min.
Etichetta:Deathwish Inc.
Distribuzione:Andromeda

Tracklist

  1. CHAMBERED
  2. SEA WITCH
  3. A RESTORATION EFFORT
  4. I GIVE YOU SIX MONTHS
  5. CHANGING CLOTHES
  6. NEWLY RESTORED
  7. GYPSY KIDS
  8. THE FOURRAGERE
  9. MARQUIS LIGHTS

Line up

  • Dave Verellen: vocals
  • Jodie Cox: guitars
  • Ryan Frederiksen: guitars
  • Rob Moran: bass
  • Sam Stothers: drums

Voto medio utenti

I Narrows sono una band che si divide tra Seattle e il Regno Unito e che racchiude componenti di diverse altre bands, tra cui il singer Dave Verellen dei Botch.
Manco a dirlo suonano hardcore, con influenze noise e metal, chitarre dissonanti, voce dilaniata/dilaniante.
Il presente “New Distances” è il loro debutto e ha quale pregio maggiore una certa linearità compositiva, che non cerca a tutti i costi di impressionare con violenza e livore sonico, ma sa concentrarsi su strutture che vanno dritto al sodo, asciutte, dove il batterista, ad esempio, non cerca di fare il funambolo, ma picchia sodo e basta.
Altro pregio è la durata non troppo lunga del disco, diciamo la durata “giusta”.
Di converso però l’ascolto non impressiona, lascia un senso di incompiuto, come se la band, e il suo songwriting, si prendesse troppe pause, che non sono solo dovute a momenti strumentali, come la placida e lisergica “A Restoraton Effort” oppure buona parte di “The Fourragere”.
Il senso di quello che sto dicendo è che questo disco si lascia ascoltare piacevolmente, e questo, per un disco hardcore, più che un pregio suona quasi come un difetto, perché l’hardcore non va d’accordo con la parola piacere; l’hardcore deve disturbare, quando l’ascolti deve essere un cazzotto in faccia, un calcio nelle palle, deve dare fastidio, deve scorticare i nervi.
Pregio o difetto che sia, ho ascoltato questo disco quattro volte di fila e, se da un lato non mi ha lasciato particolari sensazioni, dall’altro mi è venuta voglia di ascoltarlo ancora
Resta il fatto che questo disco non aggiunge nulla al contesto musicale di riferimento, il che lo confina nell’alveo del “nulla di che”.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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