Il golpe dei finnici
Azaghal è compiuto, soprattutto nei riguardi di tutti quelli che scetticamente ritengono il Black Metal morto e sepolto. Gli Azaghal non corrispondono affatto a questa corrente di pensiero, anzi, la loro ostinazione a non allinearsi li porta a spingere la loro visione artistica un passo più avanti con ogni nuovo album, e questo ottavo (!)
Teraphim non è da meno. La Finlandia con gli anni si è creata una propria scena musicale dove il Black Metal ha avuto una parte molto importante, perchè è riuscito a scavare un sentiero dove il bilanciamento fra melodia (di quella più malinconica e depressiva) si sposa in modo adeguato alla tradizionale scarica di violenza tipica del genere in se stesso. Gli Azaghal non fanno che portare avanti questo discorso da molti anni, cercando con una perseveranza ammirevole di rendere il tutto sempre più efficace e ben riconoscibile; i risultati non tardano ad arrivare nel momento in cui si libera nell'aria quella tormenta di gelo e grandine che porta il nome delle varie Hänen Musta Liekkinsä, Helvetin Ikuisessa Loistossa, oppure di Pimeyden Kutsu. Unire due aspetti come la melodia e l'aggressività non è cosa facile, e fattore ancora più determinante è quello di riuscire a non far sentire lo stacco fra questi due elementi, un compito che gli Azaghal portano a termine in tutta tranquillità grazie a canzoni ben costruite, impreziosite da sfuriate nere come la pece e da momenti in cui l'angoscia sembra prendere il sopravvento grazie a delle gelide e oscure aperture sonore che non possono che ricondurre ad un qualcosa di ignoto e mistico. Se il 2010 riesce a mantenere questo livello nella maggior parte delle uscite discografiche successive possiamo dormire sonni "tranquilli".
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