Com’è noto, il mondo del rock è ineluttabilmente popolato di “ladri” e “ladruncoli” vari.
A differenza di quello che accade (o dovrebbe accadere!) nella “vita reale”, l’appartenenza a tale classificazione non ha sempre una valenza negativa e si può ricadere nella categoria dei “predatori eccellenti”, talmente bravi nel fare in modo che l’oggetto del proprio “furto” sia fecondo e vantaggioso, da ribaltare, con quell’attributo d'onore, il senso comune del termine.
Ebbene, (quasi) tutto nella prestazione dei
Wig Wam è rivolta a “sottrarre”, in qualche modo, capitale artistico al “passato”, innanzi tutto alle risorse di quel glam metal che, figlio
illegittimo delle rutilanti paillettes dei seventies, aveva marchiato indelebilmente una generazione di musicisti nel decennio successivo, tra massicce dosi (poco ambientaliste!) di hairspay, pose androgine e atteggiamenti “selvaggi”, inderogabile condimento di una musica viziosa, divertente e trascinante, resa ancor più “oltraggiosa” e fiammeggiante dal tocco “brutale” che aveva acquisito nel corso degli anni.
Niente a che vedere con una forma di
dannoso impossessamento indebito, però, dal momento che, anche in questo periodo in cui la brama di “anni ‘80” appare davvero epidemica, i nostri riescono in ogni caso a stagliarsi dalla massa, dimostrando ancora una volta qual è la differenza tra autentica ispirazione ed esclusiva programmazione commerciale.
La questione sostanziale qui non è tanto se il contenuto di “Non stop rock ‘n’ roll” ricorda questo o quel campione del genere (e come anticipato, lo fa senza dubbio alcuno … dagli Sweet ai Motley Crue, passando per Queen, Kiss, Def Leppard, Poison e Alice Cooper e arrivando alla sensibilità melodica di Journey, Europe e Treat, ma la lista potrebbe essere molto lunga!) e se è possibile disquisire delle sue canzoni abbandonandosi copiosamente a paragoni eminenti (di cui sarò “costretto” a servirmi tra poco!), bensì se nonostante tutto è possibile rimanere
comunque invischiati da questi suoni in virtù di una spinta emozionale e di una forza espressiva capaci di rendere tutto “genuino” e coinvolgente.
I Wig Wam sono in possesso di una freschezza, giunta oggi per di più a notevoli livelli di “maturazione” e “raffinatezza”, davvero difficile da emulare e da simulare, finendo
quasi, in quest’ottica almeno, per abbandonare quello status di “risposta norvegese a …” e trasformandosi in un’entità “originale” da prendere ad esempio proprio per questa sua pressoché assoluta “credibilità”.
Nel confronto con le loro precedenti prove discografiche è rilevabile, dunque, un pizzico di maggiore “profondità” e coscienza artistiche e tuttavia questo non intacca l’attitudine “primitiva” della band che, per quanto mi riguarda (ma è abbastanza facile prevedere anche qualche “accusa” di “rammollimento”!) non perde la sua contagiosa energia ricreativa e anzi, forse, acquista ulteriore gusto melodico.
Ed eccoci all’irrinunciabile esposizione di alcuni dettagli relativi a questa collezione di ottimo e ovviamente
inarrestabile rock n’ roll, la quale non può che iniziare dalla infettiva “Do ya wanna taste it”, continuare con le chitarre groovy e con il refrain irresistibile di “Walls come down”, arrivando senza pause emozionali alla disinvoltura di “Wild one” e della glitterata “C’mon everybody”.
Dopo “Man in the moon”, una bella ballatona pregna di totale rigore romantico, qualche piccola sorpresa la riservano “Still I’m burning” e "All you wanted”, grazie ad un orientamento più “modern-catchy” e vagamente “malinconico”, ammiccante al modus operandi dei The Rasmus (soprattutto nella prima, e non è neanche del tutto una novità!) e al guitar-sound di The Mission / Cult (nella seconda).
Il dinamismo della title-track, tra Crue, Van Halen, Vinnie Vincent Invasion e Shotgun Messiah, riporta il disco sui sentieri più “pragmatici”, lo slow “From here” stempera nuovamente i toni con una piacevole nota zuccherina, mentre tocca allo scintillante glamour metallizzato di “Rocket through my heart” condurci per mano nella favola variopinta di “Chasing rainbows”, i cui elementi principali sono il
Bacio e l’
Alice statunitensi, il morso subitaneo dello
Scorpione tedesco (in certe inflessioni vocali) e anche una famosa
Corrente Elettrica australiana, il tutto guarnito dalla presenza di un coreografico coro di bambini.
“Gotta get it on”, accreditata come bonus track, sigilla con piacevole continuità espressiva e qualitativa un albo piuttosto appassionante, in grado di consolidare la posizione di rilievo che la band nordeuropea ha raggiunto con le precedenti releases, sempre che i
Wig Wamaniacs siano disponibili a considerare questa modesta sensazione di
affinamento complessivo come un valore aggiunto e non come un sintomo d’
imborghesimento.
Congiungendo l’epilogo di questa dissertazione alla sua introduzione, mi sento di affermare che, anche con “Non stop rock ‘n’ roll”, i Wig Wam hanno sicuramente investito al meglio il ricco patrimonio
saccheggiato ottenendo rendimenti assai elevati … che sia il primo segnale “tangibile” della tanto sbandierata ripresa del mercato finanziario?