Debut album per gli olandesi Silent Edge, gruppo formatosi sei anni fa dal tastierista Minggus Gaspersz e dal chitarrista Emo Suripatty con l'intento di unire in un unico stile il Prog Metal dei Dream Theater e le inconfondibili sonorità neoclassiche di Yngwie Malmsteen. Sfortunatamente per i Silent Edge c'è chi lo ha già fatto in passato: sono ovviamente i Symphony X il riferimento più esplicito del combo olandese, e nonostante le canzoni non possano vantare un songwriting originalissimo, la qualità delle composizioni è decisamente buona. Il disco si apre con la spettacolare "Through Different Eyes", dinamica e coinvolgente, forte di una melodia di tastiera assolutamente entusiasmante. E' questa una delle note positive dei Silent Edge: Minggus Gaspersz, tastierista di chiara estrazione neoclassica, è dotato di un'ottima personalità e di una eccellente tecnica strumentale che da' alle canzoni una marcia in più. Buona anche la prestazione del singer Willem Verwoert, dotato di una voce che sulle note alte ricorda da vicino il Mark Boals del malmsteeniano Trilogy, mentre nelle parti più basse riporta alla mente lo stratosferico DC Cooper. L'influenza di Yngwie è ancora più evidente nella successiva "Savage Symphony", che viaggia su ritmi piuttosto sostenuti e che non passa di certo inosservata grazie ai pirotecnici duetti chitarra - tastiera tanto cari al gruppo di Micheal Romeo. Con "Wasted Lands" l'atmosfera cambia decisamente: l'incedere è solenne, quasi marziale, e mentre il riff di chitarra si fa martellante, nell'ascoltatore si delinea il desolante scenario descritto dal cantato di Werwoert. Dopo un break strumentale di buona fattura il ritmo aumenta per qualche minuto, per poi ricongiungersi idealmente con l'inizio della canzone. "The Curse I Hold Within" è invece una struggente ballad acustica, ben interpretata da Werwoert. La strumentale "Crusades" è molto (persino troppo) vicina alle sonorità Power, ricca di cori e di "fughe" tipicamente neoclassiche: tutto sommato un po' banale, forse il pezzo meno riuscito del disco. La dinamica "For Ancient Times" ha un buon mordente, grazie anche ad un uso dei cori estremamente catchy, e può ricordare in alcuni frangenti quanto fatto in passato dai Royal Hunt. "Lost Conscience" è invece un mid-tempo poco riuscito, un po' noioso. La seguente "Under a Shaded Moon" (a qualcuno piacciono i Dream Theater qui?) parte con un intreccio strumentale degno dei migliori episodi del teatro del sogno, per poi tornare su binari tipicamente Symphony X, con un chorus orecchiabile e decisamente azzeccato. Buona la prova del chitarrista Emo Suripatty, autore di un assolo in cui l'influenza di Malmsteen e Romeo è palpabile. La canzone che chiude il disco ("Rebellion") è una suite che si divide in due parti. Nella prima assistiamo ad uno scopiettante inizio in doppia cassa, con intrecci strumentali che mettono in luce l'ottima tecnica del gruppo. La seconda parte è invece una ballad in cui il cantato di Werwoert viene accompagnato da un ottimo Gaspersz ai tasti del pianoforte. Nonostante la prestazione strumentale del gruppo sia di prim'ordine, non mi ha convinto moltissimo il batterista Marco Kleinnibbelink, poco vario nel drumming (specialmente nelle parti più tirate) e penalizzato anche da un suono non eccelso. "The Eyes of the Shadow" è un buon debutto per i Silent Edge: pur essendo vittima di qualche caduta di tono, il gruppo dimostra di saperci fare e se in futuro riuscirà ad esprimere una maggiore personalità, diventerà sicuramente uno dei gruppi di riferimento per la scena Progressive.
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