Il nuovo disco di
Burzum è senza ombra di dubbio l’evento del 2010 almeno per quanto riguarda il settore estremo del Metal, e se non nella sua totalità poco ci manca. A questo punto mi sembra anche inutile dover tirare nuovamente in mezzo i soliti discorsi che lo hanno visto protagonista per i fatti di cronaca degli anni 90, adesso c’è un nuovo album da promuovere, ma soprattutto c’è un netto ritorno a quelle sonorità che lo hanno reso famoso nel mondo e che gli hanno dato il libero accesso alla storia del Metal.
Belus è nella sua natura un disco che pone le fondamenta nel più classico del Black Metal, ma allo stesso tempo è altrettanto chiaro che tenta di riscrivere le regole che lo stesso Burzum ha posto con i suoi primi cd, dove quell’aurea fredda e gelida era palpabile all’inverosimile. Per comprendere Belus bisogna aggiornare quelle caratteristiche al 2010, e con questo non sto tentando di dirvi che siamo dinanzi ad una svolta radicale (semmai quella è avvenuta con i dischi Ambient), questa è più che altro una ventata di puro reazionarismo; è un piacere tornare ad ascoltare riff semplici e ipnotici, come nella migliore tradizione, ma rigenerati nell’evitare il ripetersi di schemi già consolidati, oltre che abusati. Varg Vikernes non ha alcuna intenzione di arrendersi e butta giù 50 minuti di musica dove le atmosfere hanno un peso molto importante sull’economia generale di Belus. Canzoni come la lunga Glemselens Evl, oppure Morgenrode e la conclusiva Belus' Tilbakekomst (tutte ampiamente sopra i sette minuti) si caratterizzano per un forte uso della melodia, dal retaggio ovviamente Folk/Pagan (ma senza esagerare), anche se non vanno esclusi le strazianti urla di dolore del conte, finalmente più controllato e di certo non ai livelli di isterismo dei primi dischi. Tutto suona più costruito e maturo; magari l’avanzare degli anni e l’esperienza del carcere avranno avuto il loro peso anche sull’evoluzione artistica, questo non saprei dirlo, quello che però si manifesta in tutta la sua forza è una solidità di ferro alla base dei nuovi brani.
Ad onor di cronaca bisogna ammettere che in qualche momento si poteva sintetizzare di più, ma sono dei dettagli che non influiscono più di tanto sulla resa generale. Belus forse è la logica conseguenza di Hvis Lytar Tar Oss, e mi sto riferendo allo stile, Filosofem va visto per il mio parere come un capitolo a parte (la sua immensa qualità rimane indiscussa). Adesso è un uomo libero e ha scontato quello che c’era da scontare, quindi è finalmente giunto il momento di tornare a parlare di musica, e nella semplicità di Belus ne scorre molta. Black Metal.