In altri tempi un prodotto del genere avrebbe garantito un’inaspettata e cospicua felicità a tutti i cultori di AOR meno facoltosi e irriducibili (e avrebbe presumibilmente fatto infuriare quelli maggiormente accaniti che magari avevano faticosamente aggiunto i pezzi originali alla propria preziosa collezione!), ma anche oggi che la tendenza al “recupero” e alla riesumazione di alcune perle (o presunte tali!) poco conosciute è all’ordine del giorno, esso rappresenta un’operazione in qualche modo sorprendente e sicuramente meritevole di plauso.
Racchiudere in un unico Cd i sette brani dell’EP “Prisoner of passion”, i quattro pezzi della cassetta “Turn the Key” e il programma di “Heaven’s in your heart”, in pratica l’opera omnia (tra l’89 e il ‘95) della
Band messa in piedi da
Steve Grimm dopo la sua militanza nei cult heroes Bad Boy, è, infatti, una mossa che solo un’etichetta competente e appassionata come l’Avenue Of Allies poteva organizzare ed è da annoverare senza dubbio tra le occasioni di
rivalorizzazione degne di tale nome, anche all’interno di un business discografico che si affanna con sempre maggiori difficoltà, cominciando ormai a inaridirsi il filone di autentici
forgotten heroes cui attingere, alla spasmodica ricerca di onesti mestieranti da spacciare per “classici”.
Bando alle polemiche e torniamo a questo “History of a bad boy”, a onor del vero non esattamente un capolavoro epocale e tuttavia un esempio piuttosto fulgido e probante delle notevoli qualità di Mr. Grimm e dei suoi vari accoliti nel proporre un godibilissimo hard rock melodico capace di solcare vivaci acque “adulte”, lambire i porti del pop e addirittura affrontare con dovizia le onde più convulse e appassionate dell’hard blues e sfiorare pure quelle esuberanti del class/hair metal, in un percorso artistico che mesce Franke & The Knockouts, Prism, Bad English, Whitesnake, Aerosmith, Aldo Nova, Icon e Dokken.
Un songwriting sempre all’altezza della situazione e un gusto melodico degno dei più smaliziati (e noti!) protagonisti del genere, uniti ad una preparazione tecnica pienamente adeguata, sono le carte vincenti di questi pregevoli settantacinque minuti di musica, “naturalmente” pregni di quelle atmosfere ottantiane (anche se siamo prima a ridosso e poi nel bel mezzo degli anni novanta!) che ultimamente tante formazioni “giovani” tentano con più o meno successo di replicare.
Non è troppo tardi per (ri)scoprire questo personaggio lontano dai grandi nomi e dai circuiti che contano non certo per evidenti demeriti artistici, colpevole solo di essere arrivato a proporre con la sua band una musica che in quel momento sembrava non avere un “futuro” (ah, come ci si può sbagliare nella vita!).
“History of a bad boy” sarà pure un’opera “minore”, ma nonostante l’appellativo vagamente “svalutante”, è assolutamente in grado di garantirvi un’ora abbondante di benefiche vibrazioni. “Tanta e buona “ … in tempi di malcelata crisi economica e nel marasma di “stampe e ristampe” attuale non sottovalutatela, sareste voi a perderci.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?