Finalmente ecco una band che giunta al terzo disco (senza contare la quantità di singoli) si propone come una delle più belle novità di questo periodo. Se i precedenti lavori erano in un qualche modo connessi più o meno palesemente con la scena Alternative americana (quella Mainstream, che vede Korn e Deftones in prima linea), ora il combo inglese sforna un platter nettamente più personale e maturo, con un songwriting altamente ispirato e convincente (senza contare l'ottima produzione, molto naturale, calda e tonda). Certo, la matrice di base a stelle e strisce è ancora presente, ma già con l'opener 'Fistful Of Nothing' si capisce che il distacco da certe sonorità trite e ritrite è più netto... l'impatto è di quelli vincenti, con un songwriting dinamico su un climax ascendente fino all'esplosione del chorus che ti si spalma in testa e ti si frulla per giorni, per poi ritornare a giocare con la struttura della song stessa. La seguente 'Revolution' si basa su un groove circolare, tutta giocata su un guitar riffing quasi noisy, mentre 'I Swear My Skin' ripercorre un pochino le strade che hanno intrapreso i OMS agli esordi, rispolverando la bandiera Hardcore New Style che qualche hanno fa sventolava alta sui loro alberi maestri... ma lo spettacolo inizia praticamente ora, con una trade di canzoni che propone una vena profondamente Toooliana, fino ad esplodere nella song migliore dell'album: 'The Way Back' (se i The Police suonassero musica pesante, sarebbero esattamente così!!!!), introduce, con 'We Bounce' si inseriscono elementi, 'You So Much As Move' ammalia e fa respirare, e finalmente 'Price Of The Kings Ticket' apre ad una tessitura di difficile esecuzione ma di estremo coinvolgimento: è come se i Tool per un attimo si fossero impossessati dei Nostri... una song che cresce e si auto evolve, come un microrganismo sconosciuto in un ospite; in breve una track capolavoro. 'Into Our Own' continua l'esplorazione di sonorità particolari, giocando ancora con le atmosfere tanto care a Mayanrd e soci, 'A Song About' spinge di più sulla cattiveria e sulla graniticità del riff, con il basso che propone un riffing veramente pregevole e complesso, mentre la penultima 'The Hill Is A Hole' sembra una revisitazione in chiave R.E.M. di una ninna nanna lontana nel tempo e nei luoghi: una semi ballad inquietante, marcatamente Pop, dal mood melodico e dal lavoro strumentistico che in sottofondo si muove e spinge con grazia e leggiadria, così profondamente ispirata e suonata con così tanto pathos che lascia quasi attoniti. La conclusione è tutta di 'Representing The Poor Man', ove lo Sting che si cela in Yap viene ancora una volta prepotentemente alla ribalta, finendo in bellezza un album assolutamente notevole. Un ottimo platter, dunque, sicuramente il migliore della discografia di questo combo inglese, che segna il salto di qualità che ‘Buy Now, Saved Later’ non conteneva ancora.
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