Mannaggia a te, Tobias Sammet, eri quasi riuscito a farmela, ed a convincermi che “
The Wicked Symphony” fosse un capolavoro! Ed invece? Beh, andiamo con ordine, che è meglio…
Parcheggiati per l’ennesima volta in doppia fila gli Edguy (con quale potere, poi, gli altri permettano a Sammet di fare ciò, è un mistero che risiede nei contratti discografici…), il tedesco più prolifico degli ultimi anni si circonda ancora una volta di un nugolo di nomi noti, soprattutto dietro al microfono, ed ancora una volta usa il nome Avantasia per giustificare un progetto che ormai, è chiaro come il sole, altro non è se non un pensiero personale di Tobias. Niente più atmosfere fantasy, niente più concept, niente più symphonic metal (o, per essere precisi, pochino pochino), et voila, il gioco è fatto: undici tracce di robusto hard rock, venato qua e là dal power metal che fu nel DNA di Sammet, ed una grande, grandissima attenzione per le linee vocali di canzoni che hanno il pregio di ospitare pezzi da novanta del calibro di Klaus Meine, Russell Allen, Jorn Lande, Ripper Owens e chi più ne ha più ne metta.
Il risultato è un album che, sin dall’inizio, ti cattura al primo ascolto, merito soprattutto di un title-track lunga quanto bella, coinvolgente, accattivante: un intrecciarsi di voci tra Sammet, Allen, con un refrain di quelli che restano scolpiti nella mente. Inizio col botto, si diceva, e questo anche grazie ai successivi brani, una tripletta da urlo: “
Wastelands” sfoggia un Michael Kiske in formissima, ed una song fatta apposta per lui, in cui le memorie di un Helloween che fu tornano prepotenti; “
Scales of Justice” è un terremoto in musica, una delle songs più dure del lotto, e “
Dying for an Angel” ha l’appeal del pezzo da classifica, non a caso è stato scelto come apripista del nuovo lavoro, con Meine a pennellarre con la sua voce stupenda una canzone decisamente riuscita.
E proprio lì, quando stavo per abbandonarmi, pivellino, a facili entusiasmi, ecco che l’album inizia ad ingrippare, le canzoni cominciano a suonare ripetitive, la storia sembra già raccontata e la seconda metà del cd fatica a scorrere, sollevata solo da una bellissima “
States of Matter”, glassata vocalmente dal solito, stupendo Russell Allen.
E allora? Beh, e allora, in primis, dovrei farmi spiegare dal signor Tobias Sammet a che pro pubblicare due albums contemporaneamente, mossa forse valida per i Guns di Use Your Illusion (e non ne sono manco tanto sicuro), ma di certo quantomeno azzardata visto il panorama musicale odierno; e poi, mi sa che se avesse ritagliato, eliminato, accorciato ed inglobato in un unico cd, avrebbe sfornato l’album della vita. Ed invece, “The Wicked Symphony” suona per quello che è: un mezzo discone, o più che altro un disc-one, per il disc-two si veda l’altra recensione (dio mio, che battuta infima…).