Sono due giorni che ci penso. Alla fine ho deciso: apertura e chiusura delle recensioni dei due nuovi Avantasia saranno le stesse. Mi dispiace per voi, che se le leggerete entrambe troverete scritte le stesse cose, ma non posso fare altrimenti. Perché questi due dischi sono praticamente identici: accanto a song veramente degne di nota, infatti, si trovano fin troppi episodi inutili e, francamente, noiosi. Entrando nel dettaglio, la prima cosa che viene in mente dopo l’ascolto è che mai come questa volta ogni cantante ospite si muova esattamente nello spazio a lui più congeniale, attraverso linee melodiche che sembrano scritte appositamente per esaltare la voce di tutti i partecipanti. Strumentalmente, invece, la prestazione di tutti è ancora una volta sopra le righe e riesce a sollevare anche le track meno riuscite, soprattutto grazie all’incredibile lavoro dei chitarristi. Per analizzare un lavoro così, comunque, è meglio procedere passo per passo.
Il disco si apre con la title-track, forse un po’ troppo lunga ma incentrata su un mid-tempo che sfocia in un ritornello decisamente azzeccato. Ottima la parte più tirata del break centrale. Con la successiva
Wasteland si passa invece a un bel power crucco e ignorante, puro e veloce, con Kiske sugli scudi come non si sentiva veramente da tanto tempo, anche se gli anni passano un po’ per tutti. Bel ritornello, bella canzone: se fosse stata in uno dei due Keepers nessuno avrebbe avuto da ridire.
Scales Of Justice sembra creata ad arte per Tim “Ripper” Owens, che fornisce un’ottima interpretazione, ma viene penalizzato da un pezzo che annoia davvero in fretta, incastrato in un riff banalotto. Il primo singolo,
Dying For An Angel, si avvale invece della preziosa partecipazione di Klaus Meine. Per lanciare l’album, direi che Tobias non poteva fare una scelta migliore di questa: diretta, melodica, rimane subito in mente. La successiva
Blizzard On A Broken Mirror inizia davvero bene e promette molto, salvo poi smentirsi poco dopo. A parte la “solita” voce di Matos, sempre sorprendente, offre davvero poco.
Runaway Train è invece una power ballad e rappresenta forse la miglior canzone dell’intero disco. Ripropone cose già sentite ma sempre dannatamente efficaci: davvero ben costruita e coinvolgente. Palma di “peggiore del disco” a
Crestfallen, dove l’esperimento con suoni più moderni a mio parere fallisce clamorosamente.
Forever Is A Long Time è invece un bel pezzone dall’anima palesemente hard rock/AOR, che parte bene e si mantiene interessante fino alla fine, anche grazie a un refrain immediato e suggestivo. L’apertura di
Black Wings, affidata a suoni pesantissimi, fa nuovamente ben sperare, ma subito ci si rende conto di trovarsi di fronte all’ennesimo passo falso, mentre con la successiva
States Of Matter ci si risolleva un po’ grazie a un ritornello azzeccato e a un riffing efficace. Il lavoro si chiude con una nuova ballad,
The Edge. Come nel caso della precedente, il pezzo è pregevole, anche se a mio parere rimane un gradino sotto. Degni di nota il solo di chitarra di Bruce Kulick e la conclusione.
Chi si aspettava un capolavoro epocale rimarrà deluso. Le buone idee ci sono, ma potevano essere molto più efficacemente infilate in un unico disco, che sarebbe stato da 8 pieno. Chi ama le sonorità hard rock e classic metal e chi ha gradito gli ultimi lavori di Tobias troverà di certo abbastanza materiale per divertirsi un po’, ma io proprio non me la sento di consigliarvi l’acquisto simultaneo di due dischi. Vedete voi. In fin dei conti, tra l’uno e l’altro cambia davvero troppo poco. Se invece volete costruirvi un ottimo disco, acquistando online le singole canzoni, ecco una tracklist ideale:
The Wicked Symphony - TWS
Wastelands - TWS
Dying For An Angel - TWS
Runaway Train - TWS
Forever Is A Long Time - TWS
The Edge – TWS
Stargazers – AOB
Angel Of Babylon – AOB
Your Love Is Evil – AOB
Death Is Just A Feeling – AOB
Symphony Of Life – AOB
Promised Land – AOB