Non è facile trovare maturità e consapevolezza piene in una band al suo esordio ufficiale, ma bastano pochi istanti di questo Ep per rendersi conto che il potenziale dei
Cosmic Box di Ferrara è talmente elevato da renderli proprio una di queste rarità.
Nulla pare fuori posto o esagerato, non ci sono eccessi d’ispirazione nonostante sia agevole catalogarli all’interno di quel filone del rock
alternativo che assorbe linfa vitale dall’intensità e dalla malinconia pur senza trascurare la necessaria energia per esprimerle al meglio.
Chiamatelo
post-grunge velato di sensazioni
new-wave, se volete, ma quello che conta davvero è che le melodie del terzetto sono costantemente corpose e passionali, che la loro scrittura è vitale e determinata, che le loro canzoni sono praticamente pronte per una diffusione del consenso ad ampio raggio, se solo quel pizzico di atavica
pigrizia degli ascoltatori non li costringesse troppo spesso a concentrarsi su quanto proposto dalla distribuzione discografica maggiore.
Quando parlavo di
potenzialità, intendevo in particolare quest’aspetto: la capacità di essere “radio-friendly” senza sacrificare la forza espressiva e lo spessore artistico costituisce una delle caratteristiche fondamentali di tutti i migliori esponenti del settore e la naturalezza con cui i Cosmic Box sfoggiano tale prerogativa li identifica come un esempio da seguire per i molti
neofiti che stanno ancora cercando di raggiungere questo impegnativo e gravoso obiettivo.
Se vi piacciono i Live, i Lifehouse, i Feeder, i Dishwalla, i Puressence, gli Editors, i Vertical Horizon o i maestri Radiohead, U2, R.E.M. e Pearl Jam, il consiglio è di non sottovalutare le possibilità di appagamento che pezzi come “Pirates” e “Bugs” potranno riservare ai vostri sensi, mentre sono assolutamente convinto che trascurare il delizioso melange di melodia e tensione espresso con disarmante misura nei
virtuali hit “Violet dress”, “Closer - from a distance” e “When the outside looks in”, possa essere tranquillamente aggiunto alle svariate circostanze che, nell’esistenza di ognuno, rappresentano poi motivi di rammarico.
Complimentandomi pure con l’AlkaRecord per l’ottimo lavoro svolto, non mi resta che attendere con una certa ansia la possibilità di valutare il gruppo su una distanza superiore, nella speranza di vedere confermate tutte le qualità espresse da “Not better … simply different”, un dischetto
criticabile solo per un titolo vagamente
fuorviante, poiché, in realtà, si dimostra
migliore di tanti suoi concorrenti.
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