E’ la seconda volta che ho l’occasione di valutare il lavoro di
Dannie Damien, e l’impressione che ricevo è sempre la stessa: quella di un musicista preparato e di un compositore raffinato che nonostante le doti evidenti ha la necessità di trovare un patrocinatore altrettanto appassionato e competente, in grado di coordinare al meglio tutte queste prerogative.
I motivi per i quali tale soggetto non sia stato finora reperito e che inducono il nostro ancora una volta ad esprimersi attraverso un’autoproduzione, per di più ampiamente perfettibile nei suoni, non sono in grado di identificarli in maniera precisa: non c’entra il tipo di musica proposta, il quale, sebbene dalle nostre parti non sia mai stato una priorità, mi sembra ultimamente abbia rafforzato la propria credibilità, e non si può nemmeno lontanamente pensare a un eventuale addebito riguardante la mancanza di attitudine sincera, dal momento che chiunque conosca l’argomento potrà agevolmente individuare nel rocker pugliese quelle qualità d’ispirazione genuina che spesso fanno la vera differenza.
Probabilmente si tratta di un problema d’indolenza e di
timidezza tipica di una certa industria discografica che preferisce sostenere un prodotto “preconfezionato” e che non ha la voglia e il coraggio di contribuire in qualche modo alla sua realizzazione completa, neanche quando la materia prima è di eccellente qualità e sarebbe sufficiente una modesta forma di conduzione per ottenere grandi risultati.
Fatto sta che siamo ancora una volta costretti a commentare un disco madido di hard melodico, AOR, pop e rock, piuttosto suggestivo e gradevole, ambizioso nella sua configurazione di concept album sul tema del conflitto interiore tra abnegazione e vizio (rappresentati dalle figure del pugile e dall’ubriacone, racchiuse in un unico essere umano) e tuttavia bisognoso di miglioramenti nella produzione, di arrangiamenti pieni ed equilibrati, di ritmiche “suonate” e non programmate, di una cura meticolosa nelle armonie vocali e di una focalizzazione complessiva nella gestione delle melodie, per la maggior parte intriganti, eppure talvolta eccessivamente convenzionali.
Come vedete, si tratta, in sostanza delle stesse parole spese per il precedente “A cowboy no one gets”, ma questo non significa che in “The boxer and the boozer” non siano rilevabili anche dei miglioramenti: innanzi tutto nella maggiore dimestichezza di Dannie con il pentagramma melodico, fatto abbastanza palese in pezzi come “Bad girl”, “Once on the ring”, nella verve romantica di “Lonely”, “This love in my arms”, “When u want another girl”, nella bella title-track e nella conclusiva “A song about you”, esempi probanti del gusto di Mr. Damien nell’ambito della scrittura emozionante e vitale, e anche dal punto di vista canoro sono riscontrabili alcuni progressi, soprattutto perché gli ospiti dietro il microfono hanno svolto egregiamente il loro ruolo.
Dannie, infatti, come già sottolineato, è un abile songwriter e un eccellente chitarrista/pianista, mentre si dimostra solamente dignitoso nel canto e quando la direzione vocale passa nelle “mani” degli specialisti della fonazione modulata qui riuniti (il bravo Ciccio Ronchi e ancor di più gli ottimi Fabio Simonato e Angelo Casagrande), il quadro complessivo non può che ricavarne ovvi giovamenti.
Giunti in sede di commenti finali, non posso che esortare Dannie Damien nella prosecuzione del suo percorso artistico, il quale, pur con la politica dei “piccoli passi”, sta dando i suoi frutti … e poi, continuando a “sbattersi”, ci sarà qualcuno disposto a “rischiare” nel sostenerlo adeguatamente e legittimamente …
Io, per il momento, rinnovo pure il più classico e sentito degli “in bocca al lupo” … male non fa.
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