Prima ancora di concentrarmi sull’ascolto di “Silenziosi frastuoni”, potrei spingermi ad affermare che se un gruppo decide di affrontare la rilettura di un pezzo come “Sguardo verso il cielo” de Le Orme, per chi scrive una delle autentiche leggende nell’ambito della
via italiana al prog rock (per di più tratto dal loro capolavoro, “Collage”), già dimostra personalità e sicurezza, meritando la mia stima, se non altro per i plausibili gusti musicali.
In realtà, com’è ovvio, arrivati all’audizione, la faccenda è un po’ più complessa, ma devo dire che la precedente dichiarazione è probabilmente meno superficiale di quanto può apparire, poiché in qualche modo identifica il background dei
Melpein, band di Foligno attiva dal 2004, giunta alla pubblicazione del suo primo full-length autoprodotto.
Le fondamenta ispirative dei nostri risiedono, infatti, come testimonia altresì la scelta espressiva della madrelingua, nella migliore tradizione italica del genere, e anche lo sforzo di muoversi all’interno di un processo di assimilazione in qualche maniera personale, rimanda a quei formidabili soggetti artistici che riuscirono a far convivere i modelli d’oltre Manica con una sensibilità melodica tipicamente tricolore.
Certo, nel sound dei Melpein oggi sono presenti, oltre a quei fondamentali maestri (Quatermass, ELP, King Crimson, Yes, in parte Deep Purple, e poi PFM, Le Orme, New Trolls, Campo di Marte, …), anche riferimenti più “recenti” e non meno colti del calibro di Dream Theater e Shadow Gallery, che hanno saputo coniugare barocchismi e sperimentalismi con l’irruenza dell’heavy metal, così com’è possibile individuare scorie soniche di natura elettronica e
sinfo-gotica, ma l’intento primario sembra proprio la convinzione di poter conferire un carattere
nazionale ad una musica assolutamente
cosmopolita.
Ne nasce un disco assai gradevole, tecnicamente piuttosto evoluto (ottime le tastiere di Luca Lucidi) e compositivamente più che dignitoso, ricco di canzoni ben congeniate che, anche senza strabiliare per la loro originalità, si dimostrano al contempo godibili e sufficientemente imprevedibili.
Una piccola annotazione specifica la meritano i testi e la voce di Paola Covaccioli: i primi appaiono piacevoli e metricamente equilibrati, pur nella loro poetica non troppo profonda o particolarmente enigmatica, mentre per la seconda bisogna spendere parole d’elogio in fatto di decisione ed espressività timbrica, per quanto si debba segnalare la necessità di un affinamento nel campo dell’armonizzazione con le strutture musicali.
“Isteria”, le pregevoli “Pareti di cenere” e “Ianus”, “L'alchimista” (già apprezzata nella compilation “SG Revolution Vol. 2”) e la volubile ed estrosa “Domino” sono momenti di buona qualità complessiva in grado di destare l’attenzione e identificare nei Melpein una formazione talentuosa e ambiziosa, che sicuramente potrà crescere ulteriormente nel suo percorso evolutivo.
Ah, quasi dimenticavo, prima l’ho volutamente omesso, perché avevo delle sensazioni
positive nei confronti di questi ragazzi, ma impegnarsi in una rischiosa “Sguardo verso il cielo” senza le necessarie credenziali poteva voler dire anche
incoscienza o
presunzione … niente di tutto ciò, nello specifico, prova brillantemente superata e stima confermata.
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