Ennesima entità musicale sfornata dalla generosa fucina scandinava, i
Silent Call danno fin da subito l’immagine di una formazione dotata di buoni numeri per essere competitiva: tecnica inappuntabile degli strumentisti, un cantante dai registri potenti, intensi ed espressivi e un notevole carisma nel fare in modo che tali equipaggiamenti specialistici rappresentino un valore aggiunto e non un “ostacolo” all’efficienza della miscela sonora proposta, un’interessante commistione tra tempra metallica e spiccato senso melodico, stemperati in un’abluzione d’inventiva e di magniloquenza prog.
Se pensate che dietro un incipit del genere si possa nascondere anche un “però”, beh, avete ragione, poiché questo “Greed” è sicuramente un albo di livello, alquanto godibile da ascoltare, ma che alla fine di tale sessione, anche ripetuta, lascia un numero di tracce di sé non completamente
compatibile con una reazione d’inoppugnabile entusiasmo.
Le cause di tale effetto sono probabilmente da ricercare in un songwriting non ancora completamente maturo, in cui il quid creativo, pur rilevante, non appare sempre proiettato alla soluzione inattesa o comunque vincente, lasciando talvolta i sensi in una condizione di ammirata indifferenza.
Gli svedesi, avveduti estimatori di Queensryche e Dream Theater, si muovono sulle medesime traiettorie artistiche di Leverage, Conception e Vision Divine, e, anzi, sono forse proprio questi ultimi ad offrire il riferimento più affidabile per indirizzare l’ascoltatore, anche grazie alla similitudine evidente tra lo stile interpretativo e i toni vocali di Andi Kravljaca e quelli di Michele Luppi (che soddisfazione poter utilizzare un nome italiano come presumibile modello di un vocalist straniero!).
Pregevoli canzoni come “Every day”, “Dream tomorrow”, “Falling from grace” (la mia preferita) e “The wages of greed”, che uniscono atmosfera, dramma e tensione, "Through the endless night” e "When the angels call your name”, vibranti di melodia e di coinvolgente emotività, si alternano a momenti non apertamente criticabili eppure sicuramente più “interlocutori”, in cui, come anticipato, la soddisfazione rimane a livello epidermico, non riuscendo a sollecitare nel profondo i
misteriosi gangli ove risiede l’esaltazione per un’offerta musicale.
La speranza è che i Silent Call si servano dell’
avidità evocata nel titolo del Cd come costruttivo impulso nella ricerca risoluta di quell’eccellenza certamente alla loro portata e per il momento solamente lambita.
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