Gli
Eibon La Furies vengono dall’Inghilterra, hanno una passione sconfinata per l’epoca vittoriana, al punto da definirsi “victorian black metal” e indossare costumi dell’epoca, e al tempo stesso sono attratti dagli aspetti esoterici e occulti di quell’epoca, che vide, tra i suoi alfieri, un certo
Aleister Crowley (la canzone
“…Of Golden Danws” fa riferimento alla sua dottrina).
In quel periodo, nelle strade di Londra, tra gli altri, impazzava anche quel simpaticone di Jack The Ripper, per gli amici lo squartatore di Whitechapel. “
I Am Whitechapel” si ispira sicuramente alle sue gesta.
A ciò bisogna aggiungere un approccio estremamente teatrale dei nostri, con tanto di cori femminili a supportare il feuilleton imbastito dal leader
Lord Eibon Blackwood.
La domanda sorge spontanea. Dato per concesso che il concept è interessante, che l’aspetto visuale è appagante, che dal punto di vista formale è tutto ineccepibile, ma la sostanza c’è?
Voglio dire, al di là di tutti gli orpelli, come suonano gli
Eibon La Furies? E, inoltre, la loro è musica valida?
Entrambe le domande richiedono approfondimenti, quindi andiamo con ordine.
In relazione al sound, sebbene i nostri si definiscano black metal, a dir la verità, di black metal c’è ben poco, soprattutto nel riffing, se non qualche richiamo a certo symphonic black dei conterranei
Cradle Of Filth. Per il resto troviamo molti moods affini al gothic metal, sebbene sporcati da ambientazioni elettroniche che definire industrial è assolutamente fuori luogo.
Ad ogni modo, al di là delle singole componenti del sound, cioè che emerge, e così diamo una risposta alla seconda domanda, è una pochezza di idee sconcertante, una pochezza di idee che si traduce in canzoni assolutamente banali, dai cori imbarazzanti, che nel tentativo di destrutturare la classica forma canzone produce abomini sonori come “
Tears Of Angels & Dreams Of Demons”, un pezzo praticamente tunz tunz, ulteriormente imbruttito dalle vocals orripilanti di
Lord Eibon Blackwood.
Ecco, chiariamo subito che il problema principale di questo disco è proprio l’incapacità della band di tenere fede alle proprie idee. Si direbbe che lo spirito sia pronto ma la carne è debole. La band non riesce a tradurre materialmente la grandiosità delle proprie idee.
Non è tutto male, qualche passaggio, per esempio “
Winter Kings, Wicker Man & Her Infernal Majesty Brigantia”, si discosta dal basso livello generale, pur senza far gridare al miracolo.
In generale alcune atmosfere calzano a pennello per il concept voluto.
Il giudizio definitivo su questo disco è insufficiente, non all’altezza delle premesse e delle promesse. Per il momento bocciati.
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