Band dalla carriera quanto meno controversa, gli
Annihilationmancer arrivano al debut album a ben quindici anni dalla loro formazione e dopo aver rilasciato un demo e un EP. Per chi non avesse mai sentito parlare di loro, sono la creatura di Bruno Masulli, polistrumentista abbastanza noto della scena metal partenopea, e ci propongono un disco dai contenuti particolarmente tecnici, che prendono a piene mani da band storiche come Toxik, Coroner, Watchtower, senza disdegnare una strizzatina al lato più death, con chiari riferimenti alle ultime produzioni dei Death, appunto. Mettiamo subito in chiaro, quindi, che dal punto di vista esecutivo questo “The involution philosophy” non presenta alcun tipo di pecca, anzi, mette ben in mostra le capacità del trio, grazie anche ad una produzione che non fa sicuramente gridare al miracolo ma che rende ugualmente giustizia a tutti gli strumenti con un sound nitido e definito, anche se forse un po’ troppo freddo. Parti abbastanza intricate, quindi, ma anche bei riffoni thrash molto in your face, e devo ammettere di aver apprezzato particolarmente questo aspetto delle composizioni dei nostri, che rende l’ascolto decisamente più scorrevole, senza mal di testa vari dovuti a eccessivi tempi dispari e controtempi. Così come risultano vincenti i vari cambi di tempo, mai fuori posto e quasi sempre al servizio della canzone. Ovviamente non è tutto perfetto in questo debutto… l’eccessiva lunghezza di alcuni brani, o l’inserimento di qualche arpeggio di troppo che spezza eccessivamente la linearità delle canzoni, sono errori abbastanza veniali, ma altrettanto banali se fatti da una band dalla lunga esperienza come gli Annihilationmancer. Tornando agli aspetti positivi, invece, sicuramente una nota di merito bisogna sottoscriverla per la voce di Bruno, che la dosa senza mai strafare, con un timbro a metà strada tra lo Schuldiner meno rabbioso e, nelle parti più pulite, un giovanissimo Mustaine. In definitiva, le intuizioni giuste ci sono, le capacità tecniche anche, quello che manca è una direzione più personale, e soprattutto evitare di lasciarsi prendere troppo la mano in fase compositiva, in quanto il genere proposto è già decisamente particolare, allungare troppo il brodo non giova di certo al risultato finale…
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