Debut album per la splendida biondona ventiseienne norvegese Issa, coaudivata dal lavoro dietro le pelli di sua maestà Uli Kusch e dal songwriting di esperti veterani come Joacim Cans e Thomas Vickstrom. Quello che esce da questo strano connubio, tuttavia, è un dischetto di ben poco spessore, piacevole all’ascolto ma davvero troppo evanescente per colpire nel segno.
Le canzoni sono tutte molto simili e davvero troppo vicine al pop scandinavo femminile che negli ultimi anni ha spopolato su MTV e simili. L’unica differenza è rappresentata sostanzialmente da un’impronta molto più heavy dei suoni, a partire dalla distorsione esagerata delle chitarre, che tuttavia non riesce a dare al disco un preciso senso compiuto. Sicuramente buona la prova della cantante, così come quella dei musicisti (anche se tutti si limitano a svolgere il compitino senza strafare): quello che non funziona è quindi totalmente da imputare al songwriting, soprattutto riguardo gli arrangiamenti. Per tutti questi motivi, è anche difficile riuscire ad indicare qualche canzone che esca dall’anonimato, a parte forse gli episodi più lenti, che rimangono in assoluto i più efficaci.
Come è normale che sia, dopo una serie di uscite di altissimo livello, arriva anche un mezzo passo falso della Frontiers. Niente di grave, comunque. Anche perché non escludo che questo disco possa avere un certo mercato tra i più giovani.
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