All'insegna dell'hard-rock melodico, gli svedesi
Firecracker si presentano con l'album "Born Of Fire", lavoro sviluppato dall'anima compositiva del chitarrista Stefan Lindholm, musicista dotato di gran talento e chiaramente ispirato all'impareggiabile Malmsteen.
L'opener "Blind Date" mette subito in risalto le componenti principali caratterizzate da scale ipertecniche e vertiginose, accompagnate da un cantato di buona qualità grazie alla presenza dell'ottimo Tommy Kerevik (Seventh Wonder). "Second Half" si ripete per contenuti, brano piuttosto scontato dalla ritmica poco incisiva nonostante l'ottima performance del vocalist Kerevik, sonorità che si colgono anche nel brano successivo "Gamekeeprs Song", certamente ben strutturato e con una sei corde sempre pronta a regalare cascate di note ma che denota limiti compositivi piuttosto evidenti. "Instru(metal)", rappresenta per contenuti il surrogato della grande tecnica in possesso di Stefan, tecnica spesso fine se stessa e mai in grado di fornire la scossa giusta. "Back Broken" rappresenta sicuramente una parentesi positiva nell'intero contesto di "Born Of Fire", incisivo e dalle corpose melodie, il pezzo si attesta su buoni livelli e fraseggi accattivanti, come la suggestiva ballad "The Refrain", motivo denso di ottime sfumature artistico interpretative e in grado di esaltare maggiormente l'ottima interpretazione canora di un artista sicuramente dotato. "A Place Call Behind", riporta la band su contenuti nuovamente carenti senza mai regalare spunti e accelerazioni degne di nota. Chiude l'ipervirtuosa "Speed Devil", pezzo strumentale in cui continua a imperversare la grande tecnica di S.L., tecnica che viene ostentata fino alla nausea, ripetitiva e troppo autocelebrativa.
Album sicuramente per amanti e seguaci dell'ipervirtuosismo, ma carente per contenuti e originalità.
Aspettiamo i Firecracker con progetti più convincenti e meno didattici.
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