Prog-metal e suggestioni di rock “alternativo” si combinano con buon gusto e ispirazione nella seconda fatica dei
Deventter, un disco autoprodotto (impeccabile dal punto di vista sonoro e affascinante sotto il profilo estetico, peraltro) che piacerà sicuramente a chi ama trastullare i propri apparati cardio-uditivi con dosi massicce di Porcupine Tree, Dredg, Muse, Sylvan, Pain of Salvation, Smashing Pumpkins e, ovviamente, Dream Theater, figura artistica praticamente immancabile quando si parla di
metallo progressivo.
Probabilmente non ancora artefice di uno di quei “miracoli” musicali in grado di insidiare seriamente la priorità rappresentata dai suoi numi tutelari, il sestetto brasiliano dimostra di possedere tutti i numeri per attirare l’attenzione degli addetti ai lavori e degli appassionati del settore, che in questi settantadue minuti di notevole tensione emotiva e forza espressiva ritroveranno echi e risonanze abbastanza familiari, ma anche tanta passione e il temperamento di chi non si accontenta di “dormire su allori” altrui e tenta di guardare oltre una facile e improduttiva contraffazione.
Come anticipato, non sempre tutto funziona perfettamente e a volte il
déjà entendu è un po’ troppo vivido, eppure anche in questi casi i Deventter riescono ed evidenziare la loro classe e il loro talento, confezionando dei pezzi coinvolgenti, emozionanti e gradevoli seppur, magari, vagamente in debito di
autentica inventiva.
Tensione, malinconia, scatti poderosi e oculati cambi di ambientazione, supportati dalla tecnica invidiabile dei musicisti e da una voce incisiva e comunicativa, offrono le basi ad un programma melodicamente disinvolto, ben composto e ottimamente interpretato che, per quanto mi riguarda, ha in “Bunkers & bankers”, “Reflected”, “All rights removed” (ideale per le
heavy rotation alternative!), “Transcendence Inc.”, “Down to the apex” (una sorta di ballata elettro-acustica gratificata da un fascinoso tocco folk!) e “Lead ... off” i suoi momenti migliori, e complessivamente si attesta su gradi d’apprezzamento piuttosto elevati.
Manca ancora un pizzico di carisma e forse pure un briciolo di quell’
illuminazione compositiva capace di condurre la musica del gruppo ad un livello “superiore”, obiettivo a cui tutte le band ambiziose dovrebbero puntare, e tuttavia “Lead ... on” si attesta fin da ora come una delle opere “sotterranee” più interessanti passate recentemente da queste parti, nell’ambito del suo genere di appartenenza.
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