Rewiring Genesis - A Tribute to the Lamb Lies down on Broadway

Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2008
Durata:97 min.
Etichetta:ProgRock

Tracklist

  1. THE LAMB LIES DOWN ON BROADWAY
  2. FLY ON A WINDSHIELD
  3. BRAODWAY MELODY OF 1974
  4. CUCKOO COCOON
  5. IN THE CAGE
  6. GRAND PARADE OF LIFELESS PACKAGING
  7. BACK IN NEW YORK CITY
  8. HAIRLESS HEART
  9. COUNTING OUT TIME
  10. THE CARPET CRAWLERS
  11. THE CHAMBER OF 32 DOORS
  12. LYLIWHITE LILITH
  13. THE WAITING ROOM
  14. ANYWAY
  15. SUPERNATURAL ANAESTHETIST
  16. THE LAMIA
  17. SILENT SORROW IN EMPTY BOATS
  18. THE COLONY OF SLIPPERMEN
  19. RAVINE
  20. THE LIGHT DIES DOWN ON BROADWAY
  21. RIDING THE SCREE
  22. IN THE RAPIDS
  23. IT

Line up

  • Nick D'Virgilio : vocals,drums
  • Dave Martin : bass
  • Jeff Taylor : keyboards
  • Don Carr: guitars

Voto medio utenti

La colpa di questa rivisitazione di "The lamb..." se la prende tutta l'ingegnere del suono Mark Hornsby (Foreigner, Ricky Martin), e a dire il vero il concept dei Genesis non è neanche il suo disco preferito, ma col passare degli anni e degli ascolti (questa è la magia del prog) lo riscopre e decide di rifarlo per intero. Ad una convention musicale contatta Nick D'Virgilio e lo invita nei suoi studi a Nashville per registrare una versione di "Colony of Slippermen", il drummer degli Spock's conosce il disco come le sue tasche e seppur brevemente (qualche brano di "Calling all stations") è stato nei Genesis, la rinfrescata di stile che Mark dà al brano lo convince a far parte di un progetto che non ha intenzione nè di ricopiarlo per filo e per segno nè di stravolgerlo rendendolo diverso dall'originale. Lontano dalla riproposizione fedele ed accurata, stilistica e scenica vissuta in modo maniacale dai canadesi The Musical Box (in assoluto la miglior cover band al mondo), il "The lamb..." dei Rewiring Genesis si veste di una cornice più da musical americano con l'inserimento di fiati, sax, orchestrazioni, parti di cantato al femminile e arrangiamenti che spiazzano l'ascoltatore già dalla title track con il tripudio di sax e tromboni (mantenendo fortunatamente il veloce intro di pianoforte), un'atmosfera difficile da assimilare al primo ascolto sorretta però da un buon cantato di Nick. "Fly on a windshield" e "Broadway melody of 74" ricevono un'aggiunta di parti di violino e sferzate di chitarre più rock mantenendo il drumming quasi simile a quello di Phil Collins, in "Cuckoo Cocoon", l'intro di chitarra acustica ricorda molto "Dust in the wind", il brano mantiene le parti suonate al flauto rinunciando al cantato filtrato di Gabriel ed è forse quello che si mantiene più simile alla versione originale. Tornano fiati e orchestrazioni in "In the cage", stravolta nel suo incedere cupo da un'atmosfera più gioiosa e dal duetto tra archi e tromba che stravolge ancora il mitico keyboard solo centrale che fu di Tony Banks, la marcetta "Grand parade of lifeless packaging" difetta ancora della mancanza del cantato filtrato e la cacofonia sonora unita agli effetti vocali (opera di Brian Eno) dell'originale, diventando quasi un blues con molte voci a far da controcanto a D'Virgilio. In "Back in New York City" Nick perde il confronto con il Gabriel - Rael rabbioso, pazzo e voglioso d'azione, ancora fiati e sax danno al brano più rock del concept un tocco di jazz rock orchestrale unito alla coralità degli Spock's Beard nella parte cantata in falsetto, sparisce il magico imperioso Mellotron di Banks lasciando il posto a violini, orchestrazioni e un piano alla Richard Clayderman nella strumentale "Hairless heart", mentre in "Counting out time" c'è ancora aria di musical, togliendo così al brano tutta la sua vena ironica e spiritosa (Rael scopre il sesso attraverso le pagine di un libro), il confronto con Gabriel vede Nick ancora sotto in "Carpet crawlers", l'arrangiamento non cambia ma la voce di Peter era molto più sofferta, malinconica e in linea con l'atmosfera struggente creata dal magico Banks, idem per il controcanto (un Collins alle prime armi che faceva le prove per diventare frontman), "The chamber of 32 doors" è diversa solo nell'intro di chitarra mantenendo il felice impasto vocale e l'arrangiamento dell'originale.
Nel secondo cd "Lilywhite Lilith" riceve solo un'aggiunta di qualche coretto in più, meno sperimentazioni nella strampalata quasi improvvisata jam strumentale "The waiting room" qui arricchita dall'uso di effetti sonori, la buona prova di Nick
nel ritorno alla malinconia di "Anyway" sorretta dal piano e sottili orchestrazioni, in "Supernatural Anaesthetist" sopraggiunge il controcanto femminile che dà al brano più incisività, in "The lamia" la vena malinconica di D'Virgilio rende il suo cantato molto simile a quello di Gabriel, mentre totalmente diverso è il guitar solo finale che non viene seguito dalla parte suonata al flauto. "The colony of Slippermen" è uno dei brani del concept che viene più stravolto: l'intro strumentale in stile arabeggiante di Hackett è molto diverso così come l'arrangiamento in chiave jazz, che ahimè sostituisce l'assolo di tastiere di Banks con la fisarmonica accompagnata dalla sezione fiati e un drumming pressoché invariato così come le parti corali, perdendo un po' dello spirito ironico e surreale giocato sui molteplici cambi di timbrica di Gabriel (è la parte della storia in cui i pustolosi Slippermen tagliano a Rael il suo pene introducendolo in un tubo che viene portato via da un corvo), magniloquenti orchestrazioni fanno da cornice a "The light dies down on Broadway" là dove Banks si arrangiava da solo alla grande, ancora il jazz rock si impadronisce di "Riding the scree" e toglie il posto ai sintetizzatori usati da Banks mantenendo le intricate linee di batteria in un brano dove prevalgono i fiati e il cantato è ridotto al minimo. Con "In the rapids" si arriva ad un punto cruciale del concept (Rael vede suo fratello John precipitare nelle rapide e cerca di salvarlo), e Nick riesce a rendere l'intensità crescente di un brano toccante ed atmosferico al pari di Gabriel, guidato da un soffice piano, leggeri interventi di chitarra acustica e coralità soffuse, il finale di "IT" mantiene il veloce intro di chitarra e tastiere spostandosi dopo verso lidi più jazz facendo intervenire ancora la sezione fiati (trombe, sax) che dà al brano un'energia simile all'originale. La rivisitazione stravolge ma non troppo la natura di un concept che a 34 anni dalla sua uscita mantiene fascino e originalità di suoni inalterati, la passione e l'entusiasmo di Hornsby, D'Virgilio e del resto della band traspare in ogni brano e credo possa incuriosire tutti i fans dei Genesis se non altro a dargli almeno un ascolto, sperando che a questa moda di rifare i classici si riesca a porre fine.
I capolavori non si toccano.
Recensione a cura di Carlo Viano

Ultime opinioni dei lettori

Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?

Ultimi commenti dei lettori

Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?
Queste informazioni possono essere state inserite da utenti in maniera non controllata. Lo staff di Metal.it non si assume alcuna responsabilità riguardante la loro validità o correttezza.