Primo lavoro solista per
Tommy Vitaly, musicista che si è già messo in evidenza con vari progetti, sopratutto con i più che validi (ma oltremodo "sfortunati") SevenGates.
Il primo pensiero di fronte al titolo del disco, "Just Me", è stato quello di trovarsi per le mani un album autobiografico, ma dopo un'occhiata ai musicisti che vi hanno preso parte, ci rende subito conto che Tommy Vitaly non ha avuto dubbi nel circondarsi di personaggi di spessore quali Thomas Vikstorm (vocalist di Stormwind, Therion, Candlemass ed una miriade di altri gruppi), il drummer Rhino (noto sopratutto per i suoi trascorsi nei Manowar) ed Andrea Torrincini (bassista dei Vision Divine), e come se non bastassero, ecco che incappiamo pure nelle apparizioni degli altrettanto conosciuti e valenti David Shankle, Vitalij Kuprij e Mystheria.
Nomi importanti, ma anche la musica è all'altezza, e se "Just Me" si rivela una breve e delicata intro, la successiva "The Raven Attack" è una cavalcata neoclassica completamente strumentale che mette in mostra le qualità di Tommy Vitaly, sia alle tastiere sia alla chitarra. La prima canzone cantata è invece "Fly High, Touch the Sky", che si rifà alle sonorità degli Helloween, andando proprio a rievocare certe atmosfere apprezzate ai tempi dei due "Keepers...", ed anche se non si tratta di un brano particolarmente originale si distingue per la sua vivacità e per l'ottima prova dei vari musicisti, su tutti quella di Thomas Vikstorm. Nel pezzo successivo, "Air", Vitaly omaggia J. S. Bach, prima di passare nuovamente al Neoclassic Metal con "Storm of Fire" e "Passion", composizioni che non possono far altro che scomodare il miglior Malmsteen. Vikstorm ha nuovamente la possibilità di farsi apprezzare nella seguente "Ready to Die", il momento più Metal del disco, dall'animo spiccatamente maideniano (qui e là riecheggia qualcosa di "Fear of the Dark") e con un bel assolo di David Shankle. Da qui in avanti Vitaly torna ad accentrare l'attenzione sugli strumenti, prima la chitarra, con "Finally Free" (più vicino a Marty Friedman) e sulla scattante e nuovamente neoclassica "The Fury" (affiancato dall'ospite Vitalij Kuprij), i tasti d'avorio poi, che dominano la melodica "Eternal", per andare poi a chiudere l'album così come era iniziato, con "Just Me", stavolta però proposta in una versione orchestrale.
Un guitar hero capace di dare vita a dei veri e propri brani, per quanto solo due siano cantati, e sopratutto di non annoiare.
E non capita spesso.
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