“Lost in Vain” è il secondo disco per i rocker svedesi Laudamus. Pur essendo già sulle scene da una decina di anni (con all'attivo un singolo e un demo nei primi anni novanta), i Laudamus ebbero l'occasione di incidere un disco vero e proprio soltanto nel 1999 (“Unlimited Love”), con una line-up stabile e di grande valore. Il nucleo del gruppo è formato dai fratelli Stenlund: Jonas suona il basso e Peter riveste il doppio ruolo di cantante/chitarrista, mentre Jonas Cederteg siede dietro alle pelli. I Laudamus ci propongono un hard-rock estremamente melodico che si ispira fortemente ai migliori episodi del genere degli anni ottanta, impreziosito da interessantissimi spunti progressive che fanno capolino qua e là durante i quarantacinque minuti del platter. Queste influenze rendono le composizioni maggiormente godibili, e sono proprio le canzoni in cui queste compaiono maggiormente a risultare le migliori del disco. Il songwriting è comunque ispirato e decisamente “easy-listening”, non ci sono cadute di tono. Gli arrangiamenti sono curati e ogni canzone si lascia ascoltare piacevolmente, i ritornelli sono sempre orecchiabili e diretti, nella miglior tradizione del genere. Peter Stenlund si mette in luce per l'ottima vena chitarristica, mentre il drumming di Cederteg è preciso e sufficientemente vario, valorizzato da una produzione corposa che ben si adatta allo stile dei Laudamus. Il disco vede la presenza di numerosi guest: spiccano i nomi di Kee Marcello (autore di uno splendido assolo su “Free”) e di Marty Friedman (che suona il solo dell'oscura opener “Lost in Vain”), mentre Jeff Scott Soto e Rob Rock danno lustro a “In the Final Hour” e “Die”. Quest'ultima è probabilmente il miglior episodio del disco: incalzante e quasi giocosa, è forte di un ritornello immediato e inconfondibile, per poi lasciar spazio ad un break jazzistico di pregevolissima fattura. Meritano una citazione anche la splendida “Mother Evolution”, la suadente “Lay Your Burdens”, e la conclusiva ballad acustica “Hear My Prayer”, che esprime il lato più dolce dei Laudamus. “Lost in Vain” è un disco diretto e onesto, testimone della grande passione di questi tre ragazzi svedesi per l'hard-rock degli anni ottanta. Se nel prossimo album riusciranno a far emergere maggiormente la loro personalità, dando più spazio alle loro inclinazioni artistiche e liberandole dai luoghi comuni del genere, ci troveremo tra le mani un gruppo di incredibile valore. Per adesso è solo una grande promessa, da tenere d'occhio con particolare attenzione.
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