Primo album per i nostrani
Secret Sphere sotto
Scarlet Records, a soli due anni di distanza dal precedente
“Sweet Blood Theory”, e sembra proprio che la band non abbia smarrito quell’innata capacità di scrivere canzoni belle, ascoltabili, molto strutturate dal punto di vista dell’arrangiamento. Ottima produzione, ed un power metal che sa spesso vestirsi di hard o di prog, a seconda del momento. Ottimi praticamente tutti i brani, con una punta di merito per la bellissima “
Death from Above”, che gioca abilmente con i cambi di tempo e di atmosfera per fornire un pezzo completo, esaltante e prodotto magnificamente. Ma di veri e propri cali di tensione, in questo “
Archetype”, ne troverete ben pochi: dalla melodicissima “
The Scars that you can’t see”, alla strepitosa “
Future” (che fa molto Kamelot, nel mood generale del pezzo ma soprattutto nei suoi accenti più orientaleggianti), giù giù fino alla poderosa e funambolica title track, Ramon ha la possibilità di sciorinare la sua versatilità dietro il microfono, sostenuto da una band ormai matura, conscia dei propri mezzi e costantemente alla ricerca della finezza artistica, cosa che indica, più di ogni altra, che i Secret Sphere sono una band “grande”, cresciuta e pronta a sobbarcarsi il suolo di portabandiera del metal nostrano. Brani carichi di chitarre ed una sezione ritmica devastante, ma impreziositi costantemente da un meraviglioso lavoro alle tastiere ed al pianoforte di Gabriele, che riesce a donare quel tocco in più che differenzia un album discreto da una prova più che convincente. “
Mr. Sin” sa di Helloween, più nel testo che nella struttura musicale, “
Into the Void” è una mazzata power al fulmicotone, dall’intro spacca sassi. E, ciliegina sulla torta, stavolta le bonus tracks sono due, e non sono per i giapponesi, ma per il pubblico europeo! Era ora!
Insomma, come diceva un vecchio spot, “basta la parola”: bentornati, Secret Sphere.