Avevo perso di vista i Limbonic Art nel 1996, praticamente subito dopo aver acquistato e adorato il loro debut-album “Moon In The Scorpio”. Li ritrovo adesso, nel 2002, ed è quasi con le lacrime agli occhi che mi tocca constatare la morte del gruppo norvegese così come lo conoscevo. Non ho termini di paragone con i lavori precedenti, per giudicare l’ascolto di “The Ultimate Death Worship”, ma mi basta valutare in modo assoluto questo disco per accorgermi che qualcosa non va. I Limbonic Art di oggi sono moderni, strizzano l’occhiolino all’elettronica e non disdegnano l’inserimento di riff thrash e death in quello che una volta era il loro simphonic-norvegian black metal. I principali ispiratori di questa nuova strada piena di pericoli e di insidie, ma anche di gratificazioni e successi, sono sicuramente i soliti Dimmu Borgir, ma in questo caso anche l’influenza Borknagar si fa sentire, da quando questi ultimi hanno deciso di abbracciare tematiche cosmiche con l’ottimo “Quintessence”. Se da una parte quindi è il desiderio di innovare e sperimentare a far da guida, dall’altra si sente in sottofondo un leggero tappeto sonoro che richiama alle atmosfere serrate e claustrofobiche che il gruppo ci proponeva una volta. Prendiamo ad esempio la parte iniziale di “Suicide Commando”: una semplice e gelida tastierina, accompagnata da una chitarra, crea un’atmosfera davvero da far paura…ma tutto questo sforzo viene vanificato con il successivo riff plettrato a mille, che i Satyricon si mangiano a colazione in qualsiasi momento! E così tutto l’album: un tripudio di tempi velocissimi, urla, parti parlate e sussurrate (a dir la verità molto monotone), mescolate a qualche spunto interessante ma mal sfruttato. Non è un cd per niente brutto, ma non trasporta, non crea atmosfera, non riesce a catturare l’ascoltatore…di gruppi che propongono questo tipo di musica ce ne sono già a decine e lo fanno anche decisamente meglio (chi ha detto Borknagar?).
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